
Io dico che questo è veramente il momento in cui bisogna avere coraggio e capacità creativa. Ma una parte del nostro dibattito talvolta mi pare inadeguata: ho come l'impressione che si concentri - se mi si perdona la metafora botanica, dopo tutti i problemi con la Quercia... - sull'albero invece che sulla foresta. Mentre la necessità per l'ossigeno dei bisogni sociali, degli ideali di libertà e di giustizia è la foresta, non l'albero. E un albero dentro una foresta non perde la propria identità, ma porta un valore aggiunto. Oggi il problema non è portarsi l'albero dentro casa e custodirlo con tutta la perizia dei nostalgici della vecchia botanica. Il problema è davvero che ciascuno porti il suo albero. Certo è un albero importante e ci ha fatto respirare nei tempi in cui eravamo soffocati: ma oggi è cambiato il mondo, il tempo storico in cui viviamo.
E quindi, per quanto riguarda il tuo albero?
Io sento che il dovere d'un comunista non è custodire la memoria e l'identità, bensì spenderle nei processi di cambiamento e di trasformazione. Saremmo molto poco comunisti se non fossimo, oggi, al massimo livello dell'azzardo politico.
Uno stralcio dell'intervista di Anubi D'Avossa Lussurgiu pubblicata su Liberazione il 19 luglio. L'intervista completa è disponbile a questo link
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