
Il no è su tutta la linea: tra aumenti dei contributi per i lavoratori dipendenti, decontribuzione degli straordinari, peggioramento delle norme sui contratti a termine, l'opposizione del documento di Rinaldini (ma su cui hanno avuto un peso significativo le argomentazioni di Giorgio Cremaschi, segretario nazionale della Fiom, leader della Rete 28 aprile e da sempre fautore della linea più dura possibile contro l'accordo) è totale.
Il documento approvato dal Comitato centrale sottolinea, in riferimento alla riforma del sistema pensionistico, che "il superamento dello scalone avviene sulla base del vincolo finanziario posto dal governo dell'autofinanziamento di dieci miliardi di euro in dieci anni, escludendo così gli aumenti contributivi decisi nell'ultima finanziaria, impropriamente utilizzati per ridurre il debito pubblico: gli oneri previdenziali aumentano infatti dello 0,30%, equivalente a 1 miliardo di euro annui, ovvero 10 miliardi nell'arco di 10 anni". La Fiom considera inoltre "incomprensibile il meccanismo delle quote associate alla crescita dell'età minima, che ha la sola funzione di sommare l'incremento dell'età anagrafica con quello dell'età contributiva da 35 a 36 anni, fino a prevedere una clausola di salvaguardia di un eventuale, ulteriore aumento contributivo dello 0,009% dal 2011".
Il documento sostiene inoltre che "il ripristino delle 4 finestre con 40 anni di contributi, di per sé positivo, viene totalmente finanziato con l'introduzione delle finestre sulle pensioni di vecchiaia". La Fiom contesta anche che "i lavori usuranti vengono definiti sulla base di criteri che hanno un vincolo finanziario di un massimo di 5.000 lavoratori all'anno".
Continua...
Andrea Scarchilli
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