giovedì 31 gennaio 2008

Nasce il Gruppo federato della Sinistra Arcobaleno in Consiglio regionale. Venerdì la conferenza stampa


Conferenza Stampa di

Sinistra Democratica, Rifondazione Comunista,
Comunisti Italiani e Verdi

Venerdì 1 febbraio 2008, ore 11,30
Sala Riunioni
(1° Piano Palazzo Consiglio regionale pugliese)

Interverranno i consiglieri regionali e i coordinatori della

Sinistra Arcobaleno

Saranno presenti, inoltre, gli Assessori Michele Losappio, Mimmo Lomelo, Silvia Godelli, Marco Barbieri.

mercoledì 30 gennaio 2008

Dopo un duro lavoro, arriva sempre una buona messe...

Berlusconi assolto per il processo Sme.
Diciamo la verità, le alternative erano solo due, l’assoluzione o la prescrizione. Motivo? La depenalizzazione del falso in bilancio voluta dal governo di centrodestra gli è tornata utile. A nulla è servita l’insistenza del pm Ilda Boccassini che voleva la prescrizione: nessuna condanna, ma almeno l’’affermazione del reato commesso. E invece no, Berlusconi intasca un’assoluzione a tutti gli effetti: gli contestavano di aver dichiarato il falso nei bilanci della Fininvest dal 1986 fino al 1989. Passa così la linea dell’avvocato difensore del Cavaliere, nonché senatore di Forza Italia, Nicolò Ghedini, che aveva chiesto l’assoluzione perché il fatto non costituisce più reato, così come deciso dalle modifiche alla normativa sui reati societari approvate nell'aprile del 2002. Quando a Palazzo Chigi regnava la Casa delle Libertà.
Fonte: l'Unità.it


Assemblea de la Sinistra, l'Arcobaleno

In vista delle elezioni amministrative della prossima primavera, Sinistra Democratica e Rifondazione Comunista di Salve hanno deciso di incontrarsi ogni mercoledì alle 20.00 per cominciare a definire i punti programmatici da sottoporre, congiuntamente, all'attenzione dell'assemblea della coalizione di centro sinistra.
Il primo appuntamento è per questa sera presso la Casa dell'Unione, in via A. Diaz.

lunedì 28 gennaio 2008

Liberté, Impunité, Elezioni anticipées



DA VEDERE.

Alla fine dello sketch, assolutamente inaspettata, "No surprises" dei Radiohead come sottofondo...

"You look so tired and unhappy
Bring down the government
They don't, they don't speak for us
I'll take a quiet life
A handshake of carbon monoxide"

Uomini, mezzi uomini, ominicchi, pigliainculo e quacquaracqua

Il governo Prodi è arrivato al capolinea. In un lungo e triste pomeriggio di gennaio, nell’aula del Senato, Romano Prodi prende atto per la seconda volta, a distanza di dieci anni, che l’esperienza del suo governo è finita. Contestualmente ci rendiamo conto che la sfiducia votata al governo sancisce anche la fine di una stagione di grandi speranze iniziata con l’Ulivo e terminata proprio ieri con l’Unione.
Hanno votato contro la mozione di fiducia, oltre ai senatori del centro destra, Lamberto Dini, Clemente Mastella, Domenico Fisichella e Franco Turigliatto. In questi quattro nomi e nella storia politica che questi quattro uomini rappresentano è racchiusa la spiegazione del fallimento dell’Unione. (...)
Da un punto di vista politico il curatore fallimentare del governo è un soggetto altro e si chiama Partito Democratico. Non l’idea del PD
e cioè quella dell’incontro di due grandi scuole politiche italiane, quella d’origine democratico cristiana, cattolica, e quella comunista e socialista, riformista di sinistra, perché quella è una buona idea ed un progetto politico che può essere utile all’Italia, ma il suo segretario e il progetto politico che in questo momento vuole rappresentare. (...)
Con queste premesse si è arrivati ieri alla discussione al Senato.
Ho seguito tutti gli interventi. Uno spettacolo avvilente. E non lo dico pensando agli insulti riservati al senatore Cusumano dai suoi ex colleghi dell’Udeur, o alla mortadella mangiata in aula da Strano oppure alla bottiglia di spumante stappata da Gramazio, entrambi di Alleanza Nazionale, ma lo dico pensando alla qualità degli interventi che si sono succeduti in aula.
Un misto di retorica ed ignoranza, farcita con qualche citazione in latino e qualche parola in dialetto, hanno scandito il lungo pomeriggio di ieri. Pochi gli interventi interessanti e tra questi, gli interventi di Milziade Caprili e Cesare Salvi. Mi ha sorpreso anche l’intervento di Anna Finocchiaro, il capogruppo del partito più grande presente in Senato, di solito brillante ed efficace, ha scelto un intervento minimalista e di basso profilo, forse non poteva dire di più.
In qualunque altro contesto lavorativo e nelle stesse condizioni, la qualità degli interventi sarebbe stata ben altra e certamente superiore. Anche ascoltando quegli interventi e i comportamenti indecenti tenuti da tanti senatori presenti in aula, le immagini sono disponibili per chiunque volesse verificare, capiamo perché il nostro paese attraversa una crisi grave, oserei dire gravissima.
In questo contesto e con queste miserie umane, in un paese di nani e ballerine, Romano Prodi ha dimostrato di essere un uomo ed una persona seria. E voglio ringraziarlo per questo. (...)
Nella giornata più difficile per lui, in molti gli chiedevano di non presentarsi in Senato e quei suggerimenti, che provenivano da destra così come da sinistra, avevano quasi tutti lo stesso obiettivo, evitare il confronto in aula, evitare il parlare chiaro, essere ancora una volta italianamente gattopardeschi.
Tra questi anche Clemente Mastella gli ha sussurrato qualcosa tipo: “Avevo suggerito a Prodi di non venire in Senato, si sarebbe potuto aprire un nuovo percorso. Ma non ha voluto capire”.
E perciò l’ultimo ringraziamento, caro Romano, voglio fartelo per non avere accettato il consiglio di Clemente Mastella e perché anche in questa occasione hai dimostrato di essere un uomo e una persona seria.
Purtroppo per noi non c’erano e non ci sono in giro tanti uomini ma in compenso abbondano mezzi uomini, ominicchi, pigliainculo e quacquaracqua.
di Oscar Buonamano,
coordinatore prov. Sd Pescara

domenica 27 gennaio 2008

Arrivederci in Senato, Totò...

PALERMO - Lascia il Governatore della Sicilia. Anticipando il procedimento di sospensione avviato presso il ministero dell'Interno e richiesto dalla procura di Palermo, Salvatore Cuffaro annuncia le sue dimissioni "irrevocabili". Dopo le polemiche legate alla condanna a cinque anni di reclusione per favoreggiamento, il Governatore abbandona perchè "non può essere fattore di divisione": "Mi dimetto per non tradire quegli ideali ai quali sono stato educato. Lo faccio per la mia famiglia e lo faccio come ultimo atto di rispetto verso i siciliani".

"Ho visto diffondersi in questi giorni una crescente ostilità verso la mia persona. E siccome il popolo, più che i salotti o le manovre di palazzo, è sempre stato l'elemento centrale della mia esperienza politica, anche in questa circostanza così delicata non voglio sottrarmi ad un confronto leale con esso".

Nuove elezioni quindi in Sicilia: "Entro tre mesi dallo scioglimento dell'Assemblea" ha annunciato il presidente del parlamento siciliano Gianfranco Miccichè.

Subito dopo la sentenza di condanna, Cuffaro aveva detto che non si sarebbe dimesso, ma le polemiche di questi giorni e le critiche sollevate anche da alcuni rappresentanti della sua parte politica, lo hanno convinto a lasciare la poltrona che sognava essere sua fino al 2011. Ma in politica l'ex Governatore resterà. Secondo fonti parlamentari dell'Udc, alle prossime elezioni politiche, l'ex presidente della Regione Sicilia dovrebbe essere candidato come capolista al Senato. Nel caso si decidesse di destinare l'ex governatore alla Camera dei deputati verrebbe inserito o come capolista o subito dopo il nome del leader Pier Ferdinando Casini che si detto convinto che "tra qualche mese, quando Cuffaro sarà assolto da tutte le accuse, tanti sciacalli di queste ore saranno in prima fila a chiedergli scusa".

Gli è stata fatale la foto con un platò di cannoli per festeggiare di aver scansato l'accusa di aver favorito Cosa Nostra. Quella foto ha fatto il giro del mondo. Il perdono della città seguito alla condanna, si è trasformato in attacco dopo la pubblicazione di quell'immagine. Luca Cordero di Montezemolo, presidente degli industriali l'ha definita una "brutta scena" e Walter Veltroni, segretario del Pd, si è domandanto se davvero fosse morale "festeggiare una condanna a 5 anni con dei cannoli".
Fonte: Repubblica.it

Democrazia Kaputt

Dev'essere difficile per i nostalgici del fascismo, del duce... per coloro che hanno governato con cosa nostra -cosa loro- uniformarsi ai principi della democrazia.

L'immagine vale più di tante parole
: questa è la politica dell'odio, del disprezzo, del chiècontrodinoièunnemicodauccidere...

"È caduto. E noi godiamo. Smisuratamente. Prodi è rimasto appeso alla sua superbia. Il peggior trapasso, per un politico. Si può perdere con dignità, per sfortuna. Perché qualcosa di imprevisto va storto. Ma quando si perde così, per pura e livida tigna, senza lasciar speranza a chi si lascia nell'onta della sconfitta, allora si perde per sempre."

I forcaioli siamo noi quando chiediamo il ripetto della legge. Per Berlusconi. Ma anche per Mastella. Evidentemente però per il centro destra la forca, così come la gistizia, non è uguale per tutti.

Questo è quel che ci aspetta, allora?
Il presidente della Repubblica che parla al Senato delle leggi razziali e della Shoah, dei 60 anni della Costituzione, per poi vedere i fascisti in piazza a festeggiare?

Scrive Sofri junior: "Ora si può dire: il centrosinistra ha vinto le elezioni malamente e per un pelo, candidando gente impresentabile, e ha governato male e sfinentemente, alleandosi con gente impresentabile e scendendo a patti con ricatti che hanno tolto ogni senso alla definizione di centrosinistra. E prima dei due anni è stato fatto fuori esattamente dai sostenitori impresentabili di quei ricatti inaccettabili."
Thanks to unoenessuno.blogspot.com

venerdì 25 gennaio 2008

Anche a Salve la Sinistra arcobaleno

L’Assemblea Generale della Sinistra e degli Ecologisti che si è svolta a Roma l’8 e il 9 dicembre ha segnato una tappa fondamentale del processo di riaggregazione e di riarticolazione della Sinistra.

Ci sentiamo impegnati, ora, anche nel nostro Comune a costruire un percorso ampio e partecipativo, che coinvolga iscritte ed iscritti, simpatizzanti, associazioni, movimenti, donne e uomini che compongono il largo mondo della Sinistra diffusa. Un percorso che porti alla costruzione di un soggetto della sinistra plurale non per alchimie politiche e per mera sommatoria di classi dirigenti, ma attraverso il confronto, la partecipazione, il protagonismo di tutti coloro che vogliano contribuire con il proprio entusiasmo, le proprie energie, la propria passione.

C’è bisogno di una sinistra nuova, che non dimentichi il proprio passato. Una sinistra che costruisca cultura politica. C’è bisogno di unità. Ecco perché crediamo che la Federazione dei partiti della sinistra sia un momento certamente importante, se non addirittura necessario: ma rimane pur sempre una tappa verso un obiettivo più impegnativo, quello della creazione di un soggetto unitario.

Per contribuire a questo percorso, Sinistra Democratica e Rifondazione Comunista di Salve hanno unanimemente convenuto, nel corso di un'assemblea aperta a tutti gli iscritti ed ai simpatizzanti, di costituire anche a Salve il coordinamento cittadino della Sinistra.

Insieme, si è deciso di collaborare ed essere parte integrante della coalizione di centro sinistra in vista delle elezioni amministrative della prossima primavera.

E proprio in vista delle amministrative, le Compagne ed i Compagni che si riconoscono nel simbolo comune della Sinistra arcobaleno hanno deciso di incontrarsi ogni mercoledì per discutere, confrontare, elaborare ed avanzare le proprie proposte programmatiche, da portare al tavolo dell'assemblea della coalizione del venerdì.

... Grazie!





Se non tenete più alla vostra reputazione, alla vostra immagine, potreste provare a salvare almeno la Nostra, quella del Paese.
Ecco cosa passa, all'estero, della crisi di governo in Italia. Dal francese Le Monde allo spagnolo El Paìs.
Per questa bella figura e per quelle che da oggi - siamo sicuri - seguiranno vi ringraziamo di cuore.

giovedì 24 gennaio 2008

Mussi: sicure elezioni anticipate, il centrosinistra non c'è piu'. Capolavoro del Pd...

Mentre il ministro dell'Economia entra a Palazzo Chigi per incontrare il premier Romano Prodi, nel giorno in cui il Senato è chiamato a votare la fiducia al governo si intensificano i venti di elezioni. Per il ministro dell'Università e della Ricerca, Fabio Mussi, il voto anticipato è ormai "sicuro".

"Cosa abbia deciso Prodi questa notte non lo so, il problema è che si va a elezioni anticipate", dice Mussi. "Bisogna vedere esattamente per quale strada - aggiunge parlando a margine dell'inaugurazione del master in Didattica della Shoah - è come un tom tom che indica strade alternative, forse ci sono più percorsi ma è del tutto evidente che si va ad elezioni anticipate". Per Mussi le strade sono due: o alle elezioni con questo Governo o altre varianti, che dovranno essere però brevi per andare alle elezioni anticipate.

Il ministro dell'Università è particolarmente critico con il Partito democratico che, dice, "è partito di maggioranza del centrosinistra, è stato formato con l'annuncio della costituzione di una grande forza di stabilizzazione. Invece a tre mesi dalle primarie il governo è sull'orlo di una crisi, i Ds - cioè il maggior partito della sinistra - non ci sono più, e con la formula 'il Pd correrà da solo', non c'è più l'Unione, non c'è più il centrosinistra, complimenti. Un capolavoro politico".

La Commissione europea è "preoccupata" della situazione politica in Italia e spera che il Paese presto recuperi "una prospettiva di stabilità, condizione necessaria per affrontare la difficile situazione dell'economia", dichiara a Davos il commissario europeo per gli Affari monetari, Joaquin Almunia. "Ho le preoccupazioni di tutti - ha detto Almunia a margine di un seminario del World Economic Forum - quando un paese ha difficoltà politiche".

"Vedremo - ha aggiunto Almunia - cosa succederà in questi giorni. Spero in una prospettiva di stabilità politica condizione necessaria per affrontare la difficile situazione dell'economia".

Fonte: Rainews24

mercoledì 23 gennaio 2008

Onore al comandante Bulow

E' morto Arrigo Boldrini, lo storico comandante partigiano "Bulow" e presidente onorario dell'Anpi. Aveva 92 anni e dall'8 gennaio era ricoverato in gravi condizioni all'ospedale di Ravenna.
Almeno a lui è stata risparmiata questa crisi di governo partita dalle agenzie di stampa e dalle tv.

Da Wikipedia:
"Dal 1947 e per alcuni decenni Arrigo Boldrini è stato Segretario Nazionale dell'ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia) di cui è stato successivamente Presidente onorario.
Membro della Consulta Nazionale prima e dell'Assemblea Costituente poi, è stato poi eletto alla Camera dei Deputati nella II, III, IV, V, VI legislatura, nella XII Circoscrizione (Bo-Fe-Fo-Ra), nonché Senatore nella VII, VIII, IX, X, XI legislatura, in Emilia-Romagna nel Collegio di Ravenna. Dirigente regionale e nazionale del Partito Comunista Italiano, è stato membro del Comitato Centrale e della "Direzione Nazionale" del Partito.

lunedì 21 gennaio 2008

Dopo un giorno e mezzo di appoggio esterno, Mastella apre la crisi di governo...

Cesare Salvi, capogruppo Sd al Senato: "Dopo la decisione dell'Udeur si apre un passaggio difficilissimo. La priorità assoluta in questo momento è che le forze che hanno deciso di dare vita alla Sinistra-l'Arcobaleno affrontino in modo assolutamente unitario i prossimi passaggi, superando ogni divergenza, affrettando il percorso unitario per garantire al Paese una forte presenza di sinistra, che è possibile solo con un soggetto politico unitario e plurale". Lo afferma in una nota il capogruppo di Sinistra Democratica al Senato, Cesare salvi.
"C'è il rischio, altrimenti - aggiunge - che abbiano successo tutti coloro che, nei diversi campi, stanno cercando di affossare l'esistenza stessa in Italia di una sinistra forte, autorevole e credibile"

Titti di Salvo, capogruppo Sd alla Camera: "Mastella si è assunto una clamorosa responsabilità: far cadere il governo eletto dai cittadini nel momento in cui il governo si apprestava a compiere scelte di redistribuzione sociale. Lo fa cadere per una sua vicenda personale, dopo aver annunciato appoggio esterno.
Perché ha cambiato idea? E chi gliel'ha fatta cambiare?'.

Fabio Mussi, Ministro dell'Università e della Riccerca, Sd: 'In Parlamento si dicano le cose chiare e si cerchino i voti. La decisione di parlamentarizzare la crisi è giusta'. Lo afferma il ministro dell'Università Fabio Mussi, lasciando il vertice di Palazzo Chigi.
Il coordinatore nazionale di Sd tiene a sottolineare: 'L'importante è che ora la Sinistra si presenti unita'.
Il coordinatore di Sd non manca di criticare però le dichiarazioni del segretario del Pd sulla legge elettorale: 'Certo le dichiarazioni di Veltroni non hanno aiutato'.

domenica 20 gennaio 2008

Cuffaro se ne deve andare. Lanciamo la lotta di liberazione dal potere mafioso

Che si fa adesso? Accettiamo che il governatore Cuffaro decida per conto di tutti qual è la soglia di indecenza istituzionale che può essere tollerata (favoreggiamento semplice sì, aggravato no…)? Continueremo a far credere che l’unica interpretazione possibile d’una questione morale debba essere affidata ai tecnicismi di una sentenza? O ci riterremo pienamente soddisfatti della ressa di comunicati che abbiamo diffuso sulla vicenda? Voglio dire: che farà adesso la sinistra di questo paese, cosa faremo noi di Sinistra Democratica di fronte alla manifesta arroganza di Cuffaro che ritiene compatibili i fatti rivelati dal processo con la sua carica istituzionale?
Perché il problema non è la gravità sentenza, ma ciò che questa sentenza conferma: il governatore favorì alcuni mafiosi. Lo fece per proprio interesse personale e politico. Lo fece nella regione che più d’ogni altra al mondo subisce il ricatto, le vessazioni e la violenza della mafia. Lo fece nell’esercizio della sua funzione. Lo fece determinando conseguenze devastanti, anche sul piano finanziario: solo un esempio, parcelle pagate alla clinica della mafia (convenzionata con la Regione) con costi fino a quattordici volte più salati dei tariffari di uso corrente in tutte le altre regioni… Bene, che si fa: s’aspetta la sentenza d’appello?
No. Si fa politica. Si interviene sulla la comunità civile che il governatore della Sicilia crede di rappresentare affinché gli imponga di andarsene. Si organizzano presidi permanenti che occupino, sul piano istituzionale, i luoghi in cui Cuffaro pretende di continuare ad esercitare impunemente il proprio mandato. Si trasforma una presunta vicenda giudiziaria in una grande questione etica nazionale. Si fa del caso Cuffaro, della Sicilia e dell’idea che laggiù l’unica politica ammessa sia quella compromessa l’occasione per lanciare, da sinistra, una sfida a tutta la politica italiana. Accanto alle sacrosante battaglie per i diritti sociali e a fianco dei lavoratori, questo Paese aspetta ormai da troppo tempo che qualcuno raccolga il testimone di una lotta di liberazione dal potere mafioso e dalle sue derive politiche e finanziarie. Anche perchè quel potere governa ormai, con diversi livelli di pervasività e di impunità, quasi un terzo dell’Italia. Totò Cuffaro, il suo processo, la sua tracotanza sono l’estremo segnale di un degrado dell’etica pubblica che ha solo due uscite davanti a sé: l’abitudine o la ribellione. E’ su questa scelta, più che sui proclami e sui manifesti, che si misura la dignità di un’idea e di una militanza politica. E ciò, cari compagni, vale anche per noi.
Claudio Fava
è Parlamentare europeo eletto in Sicilia,
componente il Direttivo di Sd

Vi ricordiamo l'appuntamento con Claudio Fava di venerdì 25 gennaio, alle ore 20.30, presso la sede dell'Associazione Terra Rossa, circolo Arci di Taviano

lunedì 14 gennaio 2008

Gli operai di Torino diventati invisibili

E' di ieri l'articolo di Vera Schiavazzi (Corriere della Sera) nel quale si da notizia del "documento — i cui contenuti, se confermati, sembrerebbero testimoniare meglio di qualunque altro materiale l'atteggiamento assunto dalla casa madre tedesca nei confronti delle sue filiali italiane e in particolare dell'acciaieria torinese in via di dismissione — sequestrato giovedì scorso a Terni nel corso delle perquisizioni in fabbrica e nelle abitazioni private dei tre massimi dirigenti italiani della ThyssenKrupp (l'amministratore delegato Harald Espenhahn, Gerald Priegnitz e Marco Pucci) già iscritti per omicidio e disastro colposo nel registro degli indagati. Nella nota, redatta in tedesco o forse tradotta in questa lingua proprio per renderne più rapida la lettura a tutti i manager interessati, si analizza la storia e la realtà della città di Torino, dove esiste - registrano i funzionari ThyssenKrupp - «una lunga tradizione sindacale di stampo comunista» e dove già negli anni precedenti alla tragedia le «condizioni ambientali» apparivano sfavorevoli al mantenimento dell'attività produttiva. Non mancano i cenni remoti alla storia italiana e torinese degli «anni di piombo», nei quali chi firma l'analisi ricorda come alcune delle pagine più sanguinose del terrorismo brigatista siano state scritte proprio a Torino ad opera dell'eversione. Poi si passa a esaminare la situazione dei 20 giorni di dicembre che hanno fatto seguito alla tragedia, durante i quali il sacrificio degli operai, le loro condizioni di lavoro, le dichiarazioni di dura condanna da parte delle istituzioni e delle forze politiche e sindacali italiane hanno occupato le prime pagine dei giornali e dei telegiornali. Ai vertici aziendali che dalla casa madre di Essen, in Germania, hanno evidentemente richiesto elementi per poter meglio valutare la situazione e per poter quindi decidere la propria strategia sia di comunicazione sia legale, lo sconosciuto relatore dell'analisi trasmette i propri commenti. Gli operai sopravvissuti al rogo e i compagni di lavoro delle vittime «passano di televisione in televisione » e vengono rappresentati «come degli eroi». Un fatto, quest'ultimo, particolarmente sgradevole, che impedisce ogni possibile misura di censura o di richiamo a questi testimoni, che sono ancora e a tutti gli effetti dipendenti della società, ma che in questo momento sarebbe inopportuno colpire sul piano disciplinare, anche se non si esclude di poter prendere in considerazione questa ipotesi per il futuro, dopo un'attenta analisi degli aspetti formali e delle rassegne stampa cartacee e televisive. Infine, nella lettera ritrovata all'interno di una valigetta nelle perquisizioni, si traccia anche un affresco della situazione politica italiana in generale, facendo notare come lo stesso governo guidato da Romano Prodi, che attraverserebbe comunque un periodo di «crisi», possa trarre vantaggio dall'estrema attenzione dei media sul rogo di Torino, che può esercitare, se non altro, un ruolo di calamita capace di distrarre l'attenzione dei lettori e dei telespettatori da altri e più urgenti problemi di politica interna". (Fonte: Corriere della Sera)

Tralasciando di esprimere giudizi di ordine morale - meno retoricamente sfidiamo a trovare in un documento di questo tipo un briciolo di semplice, spicciola umanità - sui contenuti della nota interna all'azienda, vi invitiamo a leggere fino in fondo (è un po' lungo forse, ma non prende più di dieci minuti e ne vale veramente la pena) l'articolo di Ezio Mauro apparso su la Repubblica di venerdì scorso, 11 dicembre, che descrive attraverso il racconto di un sopravvissuto l'inferno di quei minuti sulla linea 5 dell'acciaieria torinese, le tragedie personali e familiari che ne seguono e, più in generale, la situazione degli Operai italiani di oggi, in Italia. Morti prima di morire, perché fantasmi. Invisibili.

TORINO - "Turno di notte vuol dire che monti alle 22. Sono abituato. Quel mercoledì sera, il 5 dicembre, sono arrivato come sempre un quarto d'ora prima, ho posato la macchina, ho preso lo zainetto e sono entrato col mio tesserino: Pignalosa Giovanni, 37 anni, diplomato ragioniere, operaio alla Thyssen-Krupp, rimpiazzo, cioè jolly, reparto finitura. Salgo, guardo il lavoro che mi aspetta per la notte e vedo che ho solo un rotolo da fare".

"Allora vado prima a trovare quelli della linea 5, devo dire una cosa ad Antonio Boccuzzi, ma poi arrivano gli altri e si finisce per parlare tutti insieme del solito problema. Il 30 settembre la nostra fabbrica chiuderà, a febbraio si fermerà per prima proprio la 5, stiamo cercando lavoro e non sappiamo dove trovarlo. Duecento se ne sono già andati, i più esperti, i manutentori, molti alla Teksfor di Avigliana. Noi mandiamo il curriculum in giro, con le domande. L'azienda se ne frega, la città anche. Chiediamo agli amici, ai parenti operai che hanno un posto. Chi può cerca altre cose, Toni "Ragno" dice che ha la patente del camion e prova con le ditte di trasporti: gli piacerebbe, tanto ogni giorno fa già adesso 75 chilometri per arrivare all'acciaieria e 75 per tornare a casa. Bruno ha deciso, il 29 chiude con la fabbrica e apre un bar con Anna, Angelo ha provato a farsi trasferire alla Thyssen di Terni, la casa madre, ma poi è tornato indietro per la famiglia. Parliamo solo di questo, come tutte le notti, abbiamo il chiodo fisso. E' brutto essere giovani e arrivare per ultimi. La Thyssen qui in giro la chiamano la fabbrica dei ragazzi, perché dei 180 che siamo rimasti il 90 per cento ha meno di trent'anni. Ma questo vuol dire che quando tutt'attorno chiude la siderurgia e Torino non fa più un pezzo d'acciaio che è uno, chi ti prende se sai fare solo quello? Eppure siamo specializzati, superspecializzati, non puoi sostituirci con un operaio qualsiasi che non abbia fatto almeno 6 mesi di formazione per capire come si lavora l'acciaio. E infatti ci pagano di più, uno del quinto livello alla Fiat prende 1400 euro, qui con i turni disagiati, la maggiorazione festiva, il domenicale arrivi a 1700 anche 1800 senza straordinario. Non ti regalano niente, sia chiaro, perché lavori per sei giorni e ne fai due di riposo, quindi ti capitano un sabato e domenica liberi ogni sei settimane, non come a tutti i cristiani. Ma la siderurgia è così, lavoriamo divisi in squadre e quando smonta una monta l'altra perché le macchine non si fermano, 24 ore su 24, questo è l'acciaio. Che poi, se ci fermassimo noi si ferma l'Italia perché siamo i primi, senza l'acciaio non si vive, dai lavandini all'ascensore, alle monete, alle posate, siamo la base di tutta l'industria manifatturiera, dal tondino per l'edilizia alle lamiere per le fabbriche, agli acciai speciali. E quando parlo di acciaio intendo l'inox 18-10, cioè 18 di cromo e 10 di nichel, roba che a Torino si fa soltanto più qui da noi, che è come l'oro visto che il titanio viaggia a 35 euro al chilo e noi facciamo rotoli da sei, settemila chili. Eppure tutto questo finirà, sta proprio per finire, Torino resterà senza, siamo come le quote latte. E' chiaro che ne parliamo tutte le sere, come si fa? Comunque, a un certo punto, sarà mezzanotte e mezza, io saluto tutti, e dico che vado a fare quel rotolo che mi aspetta. Salgo, e lì sotto comincia l'inferno. E' una parola che si usa così, come un modo di dire. Ma avete un'idea di com'è davvero l'inferno"?
Se a Torino chiedi degli operai della Thyssen, ti indicano il cimitero. Bisogna prendere il viale centrale, passare davanti ai cubi con i nomi dei partigiani, andare oltre le tombe monumentali della "prima ampliazione", girare a sinistra dove ci sono i nuovi loculi. Lì in basso, come una catena di montaggio, hanno messo Antonio Schiavone, 36 anni (detto "Ragno" per un tatuaggio sul gomito), morto per primo la notte stessa, Angelo Laurino, 43 anni, morto il giorno dopo come Roberto Scola, 32 anni. Subito sotto, Rosario Rodinò, 26 anni, che è morto dopo 13 giorni con ustioni sul 95 per cento del corpo e Giuseppe Demasi, anche lui 26 anni, ultimo dei sette a morire il 30 dicembre dopo 4 interventi chirurgici, una tracheotomia, tre rimozioni di cute con innesti e una pelle nuova che doveva arrivare il 3 gennaio per il trapianto, ed era in coltura al Niguarda di Milano. Ci sono i biglietti dei bambini appesi con lo scotch, come quello di Noemi per Angelo, ci sono le sciarpe della Juve, mazzi di fiori piccoli col nailon appannato dall'umidità, un angelo azzurro disegnato da Sara per Roberto, quattro figure colorate di rosso da un bambino per Giuseppe, tre Gesù dorati, due lumini per terra. Attorno alle cinque tombe, una striscia azzurra tracciata dal Comune le separa dagli altri loculi. E' un'idea del sindaco Sergio Chiamparino e del suo vice Tom Dealessandri, una sera che ragionavano sulla tragedia della Thyssen. Se tra un anno, cinque, dieci, qualcuno vorrà ricordarla, parlarne, partire da quei morti per discutere sulla sicurezza nel lavoro, ci vuole un posto, e non ci sarà neppure più la fabbrica, non ci sarà più niente: mettiamoli insieme, quelli che non hanno una tomba di famiglia; hanno lavorato insieme e sono morti insieme. Quelle fotografie di ragazzi sono le uniche tra i loculi, le altre sono di vecchi e dove non c'è la foto c'è la data: 1923, 1925, 1935, 1919, anche 1912. Intorno, un telone nasconde lo scavo di una gru nel campo del cimitero, si sente solo il rumore in mezzo ai fiori, ma c'è lavoro in corso. Siamo a Torino, dice un guardiano, è la solita questione: lavoro, magari invisibile, ma lavoro.
"Dunque, ero da solo, con la gru in movimento. Il mio lavoro si può fare così. Alla linea 5 invece il turno montante era completo. Mancavano due operai, ma si sono fermati in straordinario Antonio Boccuzzi e Antonio Schiavone, anche se avevano già fatto il loro turno, dalle 14 alle 22. Quella tecnicamente è una linea tecnico-chimica per trattare l'acciaio, temprarlo e pulirlo per poi poterlo lavorare. Stiamo parlando di una bestia di forno a 1180 gradi, lungo 40-50 metri, alto come un vagone a due piani, e lì dentro l'acciaio viaggia a 25 metri al minuto se è spesso e a 60 metri se è sottile, per poi andare nella vasca dell'acido solforico e cloridrico che gli toglie l'ossido creato dalla cottura nel forno. La squadra di 5 operai sta nel pulpito, come lo chiamiamo noi, una stanzetta col vetro e i comandi. Ci sono anche il capoturno Rocco Marzo e Bruno Santino, addetto al trenino che porta il rullo da una campata dello stabilimento all'altra. Manca poco all'una. So com'è andata. Il nastro scorre a velocità bassa, sbanda, va contro la carpenteria, lancia scintille, l'olio e la carta fanno da innesco, c'è un principio di incendio. Loro pensano che sia controllabile, come altre volte. Escono dal pulpito, si avvicinano, provano con gli estintori, ma sono scarichi. Un flessibile pieno d'olio esplode in quel momento, passa sul fuoco come una lingua e sputa in avanti, orizzontale, è un lanciafiamme. Non li avvolge, li inghiotte. Boccuzzi è proprio dietro un carrello elevatore per prendere un manicotto, e quel muletto lo ripara salvandolo. Vede un'onda, sente la vampa di calore che lo brucia per irradiazione, ma si salva. Gli altri sono divorati mentre urlano e scappano. Piomba in finitura il gruista della terza campata, corri mi dice, corri, è scoppiata la 5, sono tutti morti. Non ci credo, ma si avvicina urlando, è bianco come uno straccio e sta piangendo. Corro, torno indietro, metto in sicurezza la gru, corro, non penso a niente, corro e li vedo".
I tre funerali sono diversi. Prima lo choc, il dolore, la paura. Poi la rabbia. Egla Scola, che ha vent'anni e due figli di 17 mesi e tre anni, in chiesa ha urlato verso la bara di Roberto: vieni a casa, adesso. La madre di Angelo Laurino gli ha detto: ora aspettami. Il padre di Bruno Santino, anche lui vecchio operaio Thyssen, l'abbiamo visto tutti in televisione gridare bastardi e assassini, con la foto del figlio in mano. Il giorno della sepoltura di Rocco Marzo, arriva la notizia che è morto Rosario Rodinò, dopo quasi due settimane di agonia. Ciro Argentino strappa la corona di fiori della Thyssen, i dirigenti dell'azienda entrano in chiesa dalla sacrestia, se ne vanno dalla stessa porta. Fuori ci sono soprattutto operai, in duomo come a Maria Regina della Pace in corso Giulio Cesare, come nella chiesa operaia del Santo Volto con la croce sopra la vecchia ciminiera trasformata in campanile.

Attorno, il fantasma della Torino operaia che fu. Qui dietro c'erano una volta la Michelin Dora, la Teksid, i 13 mila delle Ferriere Fiat dentro i capannoni della tragedia, poi venduti alla Finsider dell'Iri, che negli anni Novanta ha rivenduto alla Thyssen. Che adesso chiude. Sequestrata per la tragedia, con i cancelli chiusi e un albero trasformato in altare ("ciao, non siamo schiavi", ha scritto un operaio della carrozzeria Bertone), già adesso l'impianto della morte è uno scheletro vuoto, inutile, proprio dove la città finisce e comincia la tangenziale, con le montagne piene di neve dritte davanti. La gente conosce il posto perché lì c'è un autovelox famoso per sparare multe a raffica.

Ma non sa la storia della Thyssen. Ciro dice che un pezzo di Torino non sapeva nemmeno dei morti, e alla manifestazione c'erano trentamila persone, ma era la città operaia, e pochi altri. Come se fosse un lutto degli operai, non una tragedia nazionale. Anzi, uno scandalo della democrazia. Chi lavora l'acciaio sa di fare un mestiere pericoloso, dice Luciano Gallino, sociologo dell'industria, perché macchine e materiali che trasformano il metallo sovrastano ogni dimensione umana, con processi di fusione, forgiature a caldo, lamiere che scorrono, masse in movimento. C'è fatica, rumore, occhio, tecnica, esperienza, senso di rischio, concentrazione. E allora, spiega Gallino, proprio qui nell'acciaio non si possono lasciar invecchiare gli impianti e deperire le misure di sicurezza, non si può ricorrere allo straordinario con tre, quattro ore oltre le otto normali. Invece l'Asl dice oggi di aver accertato 116 violazioni alla Thyssen. Le assicurazioni Axa lo scorso anno avevano declassato la fabbrica proprio per mancanza di sicurezza, portando la franchigia da 30 a 100 milioni all'anno. Per tornare alla vecchia franchigia, bisognava fare interventi di prevenzione, tra cui un sistema antincendio automatico proprio sulla linea 5, dal costo di 800 milioni. From Turin, ha risposto l'azienda, dopo che Torino avrà chiuso.

"Il primo è Rocco Marzo, il capoturno, che aveva addosso la radio e il telefono interno, bruciati nel primo secondo. Appare all'improvviso, al passaggio tra la linea 4 e la 5. Non avevo mai visto un uomo così. Anzi sì: dal medico, quei tabelloni dov'è disegnato il corpo umano senza pelle, per mostrarti gli organi interni. La stessa cosa. Le fasce muscolari, i nervi, non so, tutto in vista. Occhi e orecchie, non parliamone. Non mi vede, non può vedere, ma sente la mia voce che lo chiama, si gira, barcolla, cerca la voce, mi riconosce. "Avvisa tu mia moglie, Giovanni, digli che mi hai visto, che sto in piedi, non li far preoccupare". Lo tocco, poi mi fermo, non devo. Ha la pelle, ma non è più pelle, come una cosa dura e sciolta. Un operatore di qualità continua a saltarmi attorno, cosa facciamo? Mando via tutti quelli che piangono, che urlano, che sono sotto choc e non servono, non aiutano. Dico di non toccare Rocco, di scortarlo con la voce fuori: gli chiedo se se la sente di seguire i compagni, di seguire la voce. Va via, lo guardo mentre dondola e sembra cadere a ogni passo, mi sembra di impazzire. Mi butto avanti, tutta la campata è piena di fumo nero, bruciano i cavi di gomma, i tubi con l'acido, i manicotti. Vedo Boccuzzi che corre in giro a cercare una pompa, mi vede e mi urla in faccia: "Li ho tirati fuori, li ho tirati fuori. Ma Antonio Schiavone è vivo e sta bruciando lì per terra". In quel momento Schiavone urla nel fuoco. Tre grida. E tutte e tre le volte Toni Boccuzzi cerca di gettarsi tra le fiamme e dobbiamo tenerlo, ma lui ripete come un matto: "Il fuoco lo sta mangiando". Dico di portarlo via, fuori. Mi volto, e mi sento chiamare: "Giovanni, Giovanni". Non ci credo, guardo meglio, non si vede niente. Sono Bruno Santino e Giuseppe Demasi, due fantasmi bruciati, consumati dal fuoco eppure in piedi. Non mi sentono più parlare, non sanno dove andare, in che direzione cercare, sono ciechi. Poi Demasi si muove, barcolla verso la linea 4 tenendosi le mani davanti, come se fosse preoccupato di essere nudo. Mi avvicino e lo chiamo, si volta, chiama Bruno. Guardo la loro pelle scivolata via, non so cosa dire e loro mi cercano: "Giovanni, sei qui vicino? Guardaci, guardaci la faccia: com'è? Cosa ci siamo fatti, Giovanni?"

Dicono gli operai che i sette, alla fine, sono morti perché da tempo erano diventati come invisibili. Si spiegano con le parole di Ciro Argentino e Peter Adamo, trent'anni: l'operaio ovviamente esiste, cazzo se esiste, manda avanti un pezzo di Paese, e soprattutto a Torino lo sanno tutti. Ma esiste in fabbrica e non fuori, nel lavoro e non nella testa della politica. Ma lo sapete voi, aggiunge Fabio Carletti della Fiom, che nell'assemblea del Pd appena eletta a Torino non c'è nemmeno un operaio? Che in tutto il Consiglio comunale ce n'è uno, perché il sindacato si è trasformato in lobby e ha minacciato di fare una lista operaia separata, supremo scandalo per la sinistra? Dice Peter che l'invisibilità la senti tutto il giorno, quando vai a comprare il pane, quando esci la sera. Per le storie veloci con le ragazze in discoteca, fai prima a dire che sei un rappresentante, vai più sul sicuro. Non è rifiuto o disprezzo, aggiunge Davide Provenzano, 26 anni, è che sei di un altro pianeta. Credono di poter fare a meno di te. Da bambino, spiega, vedevo con mio padre al telegiornale le notizie sul contratto dei metalmeccanici, "undici milioni di tute blu scendono in piazza", adesso, non si sa quanti siamo, un milione e sette, uno e otto? Il sindaco Chiamparino sa di chi è la colpa: quelli che pensano alla modernità come a una sostituzione, l'immateriale, l'effimero al posto del manifatturiero, mentre invece è moderno chi gestisce la complessità, la fine di una cosa con l'inizio dell'altra, sopravvivenze importanti e novità salutari. "Chiampa" dice che lui non potrebbe dimenticare gli operai, la sua famiglia viene dalla fabbrica, il figlio di suo fratello ha la stessa età e fa il lavoro dei ragazzi della Thyssen, però è vero che si lamenta perché i riformisti non usano più quella parola, operaio. E tuttavia non si può tornare agli anni Settanta.

E la città non è indifferente, non si può misurare il funerale operaio col metro del funerale dell'Avvocato, in quel caso la partecipazione era anche un modo di dire "io c'ero", mentre qui voleva dire "voi ci siete". E poi, pensiamo sempre a Mirafiori, dove cresceva l'erba sull'asfalto, tutto era abbandonato, e tutto è rinato. Il sindaco ha aiutato Marchionne, l'amministratore delegato Fiat ha aiutato Chiamparino. I due si vedono qualche sera per giocare a scopa col vicesindaco e un ufficiale dei carabinieri, ma in pubblico si danno del voi, perché questa è Torino. Anche se Marchionne voleva strappare, e andare al funerale operaio della Thyssen. Poi si è fermato, dice, per paura che la sua presenza diventasse una specie di comizio silenzioso. Ha radunato i suoi e ha detto: che non capiti mai qui. Un incidente può sempre scoppiare, ma non per incuria verso la tua gente e il suo lavoro. Mai, mettetemelo per scritto. Solo in Italia, spiega ancora Marchionne, operaio diventa una brutta parola, nel mondo indica quelli che fanno le cose, le producono.

E tuttavia, avverte il professor Marco Revelli, Torino è sempre più Moriana di Calvino, la città con un volto di marmo e di alabastro e uno di ferro e di cartone, e una faccia non vede più l'altra. Gli operai della Thyssen, anche per la loro età, non hanno riti separati, tradizioni private, fanno una vita perfettamente visibile nella sua normalità. Dopo la fabbrica si incontrano indifferentemente alla Fiom o al Mc Donald's di via Pianezza, Peter ha la moglie laureata e vede tutta gente del suo giro, ai funerali hanno messo musica dei Negramaro, hanno portato anche la maglia di Del Piero. Ma ti dicono che l'invisibilità sociale li rende deboli, la debolezza e la solitudine portano a scambiare straordinari per sicurezza, il Paese li convince di vivere in una geografia immaginaria, dove per dieci anni ha contato solo la cometa del Nordest, solo l'illusione del lavoro immateriale, solo il consumatore e non il produttore, e persino la parola lavoro è stata poco per volta sostituita da altre cose: saperi, competenze, professionalità. Questa fragilità - culturale? Politica? Sociale? - li espone. Il cardinal Poletto, che ha fatto l'operaio da ragazzo (il mattino in officina, il pomeriggio in canonica) ha detto ad ogni funerale cose semplici ma solide perché autentiche: la città ha reagito ma non basta, serve un sussulto, la ricerca sacrosanta del profitto non può danneggiare la sicurezza o addirittura la vita di chi lavora. La sinistra ha detto meno del cardinale.

"Nessuno sa cosa fare davanti a una cosa così. Due compagni di lavoro carbonizzati, e ancora vivi. Uno ha preso due giacconi, glieli ha buttati addosso. "Giovanni aiutaci - dicevano - portaci via". Ragazzi, ho provato a rassicurarli, l'importante è che siate in piedi, io non so se posso toccarvi, non posso prendervi per mano, ma vi portiamo fuori, vi facciamo da battistrada. Due passi, e trovo per terra Rosario Rodinò, Angelo Laurino e Roberto Scola. Statue di cera che si sciolgono, l'olio che frigge, non c'è più niente, i baffi di Rocco, i capelli di Robi, solo la voce. Mi accoccolo vicino a Laurino, gli parlo. Si volta: "Dimmi che starai vicino ai miei". Scola ripete che ha due figli piccoli, "non potete farmi morire". Rodinò sembra più calmo: "Non pensare a me, io sto meglio, occupati di loro". Poi, quando ritorno da lui mi chiede: "Come sono in faccia? Cosa vedi?" Arrivano i pompieri, poco per volta li portano via. Un vigile mi dice che stanno morendo, ma il fuoco gli ha mangiato le terminazioni nervose, per questo resistono al dolore. Non so se è vero, non capisco più niente, ho quei manichini davanti agli occhi. Prendo un pompiere per il bavero, e gli urlo che Schiavone è ancora a terra da qualche parte, devono salvarlo. Mi dice che lo hanno portato via e che devo andarmene, perché il fumo sta divorando anche me. Stacchiamo la tensione a tutta la linea, blocchiamo il flusso degli acidi, dei gas, dell'elettricità. Tutto si ferma alla ThyssenKrupp, probabilmente per sempre. Non ho più niente da fare".

Al cimitero hanno messo le sigarette sopra ogni tomba. Un pacchetto di Diana per Angelo, due sigarette sciolte vicino alla fotografia di Antonio, una sulla sciarpa di Roberto, le Marlboro per Giuseppe e per Rosario. Subito non capisco, poi sì. I ragazzi di oggi non comprano più le sigarette, ma i ragazzi operai sì, le hanno sempre in tasca. Metterle lì, tra i fiori dei morti, è un modo per riconoscerli, per renderli visibili.

mercoledì 9 gennaio 2008

Claudio Fava a Taviano

Venerdì 25 gennaio alle 20.30 l'Associazione Terra Rossa, circolo Arci di Taviano (via Regina Margerita 163, Taviano), in collaborazione con l'edicola Prima Pagina di Casarano e la libreria Idrusa di Alessano, organizza la presentazione del libro di Claudio Fava "Quei bravi ragazzi".

La storia delle "extraordinary renditions": l'offensiva della Cia dopo settembre per individuare presunti terroristi, catturarli e consegnarli ai servizi di sicurezza di paesi amici affinché se ne "prendessero cura" loro interrogando, torturando e (quando occorreva) facendo sparire per sempre i prigionieri. Così decine di persone sono stateo l'11 sequestrate e mandate in Siria, Giordania, Egitto, Pakistan, Marocco, Uzbekistan. Claudio Fava ha guidato la Commissione d'inchiesta voluta dal Parlamento Europeo ricostruendo la geografia delle prigioni, la rotta dei voli, le testimonianze dei prigionieri, oltre che le menzogne, gli imbarazzi, gli spericolati e omertosi equilibrismi di governi e servizi segreti.

Claudio Fava è nato a Catania il 15 aprile 1957. Laureato in Giurisprudenza, giornalista professionista dal 1982, ha lavorato per il Corriere della Sera, l'Espresso, l'Europeo e la Rai, in Italia e dall'estero. Dal 1984, dopo l'uccisione del padre, ha assunto la direzione de "I Siciliani" raccogliendo, assieme a tutti gli altri giovani compagni della redazione, il testimone di una battaglia che ha saputo fare di questa rivista un laboratorio di nuova cultura della legalità e dell'impegno antimafioso.
Corrispondente per l'Espresso dall'America Latina alla fine degli anni Ottanta, è stato inviato speciale per molti giornali su numerosi fronti di pace e di guerra, dalla Somalia alla Cambogia, dall'Algeria al Libano, dal Salvador al Cile. Dal 1994 è editorialista de l'Unità. Fava ha sempre incrociato l'attività professionale con l'impegno politico. Tra i fondatori della Rete, Fava è stato deputato all'Assemblea regionale siciliana nel '91 e al Parlamento nazionale dal 1992 al 1994. Componente della Direzione Nazionale dei Democratici di Sinistra e segretario del partito in Sicilia dal 1999 al 2001, oggi è tra i fondatori del movimento Sinistra democratica per il Socialismo europeo.
Il 13 giugno 2004 è stato rieletto, per la seconda volta, deputato al Parlamento Europeo, nella lista 'Uniti nell'Ulivo', con 221.958 preferenze. Iscritto al Gruppo del Socialismo Europeo (PSE), è primo Vice Presidente dell'Assemblea parlamentare euro-latino americana. Membro della Commissione per le Libertà pubbliche, sostituto della Commissione Diritti umani e della Commissione per lo sviluppo regionale, nel 2006 Fava è stato relatore della Commissione d'inchiesta del Parlamento Europeo sui sequestri illeciti operati dalla Cia nel territorio europeo. Sempre nello stesso anno, ha guidato la missione dell'Unione Europea per l'osservazione delle elezioni in Nicaragua.
Autore di numerosi libri e romanzi, Fava scrive anche per il teatro e per il cinema. Assieme a Monica Zapelli e Marco Tullio Giordana, é autore della sceneggiatura de "I cento passi" premiata, nel 2001, con il Leone d'Oro al festival di Venezia, con il Davide di Donatello e con il Nastro d'Argento.

lunedì 7 gennaio 2008

I Giovani, la Sinistra

I Giovani, la Sinistra

Care compagne e cari compagni,
come sapete sabato 26 gennaio 2008 si svolgerà a Roma, presso il Teatro Valle, l’iniziativa nazionale “I GIOVANI, LA SINISTRA. PER UNA POLITICA CREATRICE DI FUTURO”.
Si tratta di un importante appuntamento per noi tutt*, poiché rappresenta non solo la prima grande iniziativa di Sinistra Democratica rivolta al mondo giovanile ma anche la prima grande occasione di carattere nazionale in cui impostare un confronto e una riflessione collettivi su giovani e sinistra e, in particolare, sul ruolo delle giovani generazioni in relazione al processo unitario avviato dalle forze della sinistra italiana.
L’appuntamento del 26 gennaio – che prevede fin da oggi la partecipazione del compagno Fabio Mussi – sarà inoltre, crediamo, una grande opportunità per tutt* le/i compagn* oggi vicini o direttamente impegnati in Sinistra Democratica per incontrarsi e, attraverso loro, far incontrare le tante e plurali esperienze individuali e collettive cresciute e sviluppatesi in questi mesi sul territorio nazionale.
Vi invitiamo quindi ad attivarvi fin da subito per promuovere la massima mobilitazione in vista di questo nostro appuntamento. In tal senso vi segnaliamo che per l’occasione stiamo provando già in questi giorni, grazie anche al sostegno organizzativo e finanziario di Sinistra Democratica, ad allestire in diverse regioni d’Italia dei pullman proprio per facilitare al massimo la partecipazione delle/dei compagn* all’evento: per quanto riguarda questi aspetti di carattere logistico e organizzativo così come per ogni altra eventuale informazione potete fare costante riferimento ai nostri recapiti telefonici (Mimmo 339/1898605;) oppure al nostro indirizzo di posta elettronica sdsalento@tiscali.it
Cogliamo infine l’occasione per segnalarvi che sulle pagine di www.sinistra-democratica.it sono presenti alcuni interventi relativi ai contenuti e al profilo politico dell’iniziativa del 26 gennaio, che vi invitiamo ad arricchire e completare con contributi vostri e di altr* compagn* ancora.

In Campania si consuma la crisi politica del Centrosinistra

"Nel dramma dei rifiuti si consuma la crisi politica del centrosinistra in Campania".
Lo dichiara Fabio mussi, coordinatore nazionale di Sinistra Democratica, al termine della Presidenza del movimento che si è occupata del problema dei rifiuti. "Le promesse sono state tradite - dice - e gli annunci di una rinascita della vita sociale e civile sono degenerati in sistemi di potere. Ingenti quantità di risorse pubbliche sono state gettate al vento facendo incancrenire i problemi. Bisogna risolvere l'emergenza rifiuti, affrontando al tempo stesso coraggiosamente la crisi politica che l'ha provocata.
La Sinistra non può, sul piano regionale e nazionale, assistere senza reagire a questa involuzione: deve assumere subito la responsabilità di un'iniziativa e di una proposta".

Compagni del Pd, sporcatevi un po' le mani!

Vi sentiamo parlare solo di sistema elettorale (ma quanti ce ne sono?), di grandi riforme, di carta dei valori etici.
Di codice etico parlava anche il programma dell'Unione, assieme all'abrogazione delle leggi vergogna, del conflitto di interessi, di lotta alla criminalità...
Promesse in gran parte disattese.

Piacerebbe sentire parlare i vertici del partito democratico anche di argomenti più terra terra, che magari appassionano anche gli elettori (ancora potenziali) e che magari siano anche di sinistra, se non è chiedere troppo.
Piacerebbe sapere cosa ne pensa Veltroni della riforma Mastella (ex Castelli) sulla giustizia, che separa le carriere dei magistrati; che toglie di fatto l'obbligatorietà dell'azione penale; che gerarchizza le procure, che toglie potere al CSM e da al ministro la possibilità di traferire i giudici.
Cosa ne pensa Franceschini della proposta di legge (sempre Mastella) sulle intercettazioni, per cui viene punito più chi racconta un reato di chi lo ha commesso.
Cosa ne pensa Enrico Letta del conflitto di interessi (specie nel sistema televisivo): su questo le uniche proposte di legge sono tali da togliere il conflitto e lasciare solo gli interessi.

Difficile sfuggire alla tentazione di lasciarsi andare al qualunquismo: quale è la discontinuità del futuro Partito Democratico rispetto alla politica passata?
Nell'indulto, che non ha risolto il problema della carceri, lasciati liberi dei delinquenti; indultati anche i reati contro la pubblica amministrazione, il racket, il voto di scambio?
Nella commissione antimafia dove siedono condannati e indagati?
Difficile non dire sono tutti uguali, quando senti le proposte (Pisapia, ex deputato PRC) di abolire l'ergastolo (con 30 anni di carcere, grazie a sconti della pena, i mafiosi condannati per le stragi del 92-93 uscirebbero nel 2011); oppure la proposta Pecorella (avvocato del cavaliere e deputato) di applicare il “giusto processo” anche ai mafiosi.

Stai a vedere che i criminali siamo noi ...
Una proposta ai vari Veltroni, Tonini, Letta, Bindi, ma anche Fassino, D'Alema, Rutelli...: pensate di essere in grado di governare l'Italia? Allora vedete si risolvere il problema della munnezza a Napoli. Sporcatevi un po' le mani nell'immondizia.
Tanto più che è anche un problema interno del centrosinistra, visto che regione e comune sono governati da noi.
Qui si parrà vostra nobilitate!

Fonte: unoenessuno.blogspot.com, Kilombo

Dedicato agli Operai di Torino



Puntata speciale de "L'Infedele" in diretta dalla sala Rossa del Palazzo Città, sede del municipio di Torino, per rendere omaggio alle vittime della strage operaia della ThyssenKrupp. Presenti, i parenti e i compagni di lavoro delle vittime.