giovedì 25 dicembre 2008

Auguri...


DI GIORGIO GABER E SANDRO LUPORINI

Ora basta con la finzione. Io ho 50 anni siamo in pieno 2000 e mi domando che eredità stiamo lasciando ai nostri figli? Forse in alcuni casi un normale benessere, ma non è questo il punto...
Voglio dire c’è un’ idea, un sentimento, una morale, una visione del mondo?
No, tutto questo non lo vedo. Allora ci saranno senz'altro delle colpe.
Si, il coro della tragedia greca: “... I figli devono espiare le colpe dei padri”. Siamo forse noi i padri insensibili, autoritari, legislatori di stupide istituzioni? Credo di no. Allora dove sono le nostre colpe? E che è troppo facile per noi essere pacifisti, antiautoritari e democratici. I nostri nonni hanno fatto la Resistenza... forse... avremmo dovuto farla anche noi... la Resistenza. E’ sempre tempo di resistenza... magari ad altre cose. Allora perché invece di esibire il nostro atteggiamento libertario non abbiamo dato lo sguardo all’avanzare dello sviluppo insensato?

Perché invece di parlare di buoni e di cattivi non abbiamo alzato un muro contro la mano invisibile e spudorata del mercato?
Perché avvertiamo l’appiattimento del consumo ma continuiamo a comprare motorini ai nostri figli?
Perché non ci siamo mai ribellati alla violenza dell’oggetto? Perché non abbiamo mai preso in considerazione parole come essenzialità. Il Mercato... ci ringrazia. Gli abbiamo dato il nostro prezioso contributo.
E voi, ... sì ...voi come figli...
Voi venticinquenni di ora, non avete neanche una colpa?
Dove è il segno di una vita diversa? Forse sono io che non lo vedo
Ma rispondetemi, dove è la spinta verso qualcosa che sta per rinascere?
Dove è la vostra individuazione del nemico?
Quale resistenza avete fatto contro il potere, contro le ideologie dominanti, contro la logica del consumo, contro il dilagare del superfluo?... Il Mercato ringrazia anche voi.

D’accordo non posso essere io a lanciare ingiurie contro la vostra impotenza, c'ho da pensare alla mia
Però spiegatemi perché vi abbandonate ad un’inerzia così silenziosa e passiva?
Perché vi rassegnate a questa vita mediocre, senza l’ombra di un desiderio vero, di uno slancio, di una proposta qualsiasi?
Vitale, rigorosa, qualcosa che possa esprimere almeno un rifiuto, un’indignazione... un dolore.
Perché il dolore ti aiuta a crescere, il dolore è visibile... chiaro... localizzato.
Ma quale dolore? Ormai non sappiamo neanche più cos’è... Il dolore... siamo caduti in una specie di noia, di depressione
... certo il marchio dell’epoca, la malattia dell’epoca.
E quando la depressione s’insinua dentro di noi... tutto sembra privo di significato...s enza sostanza... senza nulla.
Salvo questo nulla... non identificabile... che ci corrode.

Giorgio Gaber e Sandro Luporini

giovedì 18 dicembre 2008

Ipse dixit

Io: più a destra di Fini"
"Di Pietro ha stretto il Pd in un abbraccio mortale". E' uno dei passaggi di Silvio Berlusconi ai senatori del Pdl durante il consueto brindisi di auguri. Il premier si e' soffermato a lungo sulla crisi finanziaria, ha ringraziato tutti gli esponenti del partito per il lavoro a Palazzo Madama e ha sottolineato soprattutto la vittoria di Chiodi in Abruzzo. "Anche quelli di An mi hanno acclamato, hanno capito che io sono piu' a destra di Fini...". Ha scherzato il Cavaliere.

Il capitale non conta niente, siamo al comunismo
Berlusconi sollecita a reagire alla recessione internazionale. Ma critica la Fed, la banca centrale statunitense, per aver portato il tasso d'interesse sul denaro in prossimità dello zero. "In questo momento il capitale non conta niente, siamo al comunismo", il presidente del Consiglio si fa una risata e parla alla conferenza degli ambasciatori alla Fernesina. "E' un paradosso. Il capitale - osserva - soffre l'inflazione e non ha nessuna possibilità di rendimento". Il capitale "va investito nelle aziende" e non depositato nelle banche.

Pronta la riforma della giustizia. Le intecettazioni: solo per mafia e terrorismo
"Abbiamo pronta una riforma della giustizia penale nella direzione auspicata da tutti gli italiani", afferma Silvio Berlusconi. Il giorno dopo la bufera giudiziaria che travolge la giunta di Napoli il premier rivendica il 'garantismo' del centrodestra. Quanto alle intercettazioni: "Saranno concesse solo per reati di terrorismo internazionale e di mafia, delitti con pene dai 15 anni in su".

mercoledì 17 dicembre 2008

Il Parlamento europeo respinge la proposta della settimana di lavoro fino a 65 ore


Il Parlamento europeo ha respinto in seconda lettura la proposta di portare la settimana di lavoro nell'Ue fino a 65 ore. Tutti gli emendamenti della Commissione lavoro sono stati approvati. Quello determinante, passato con 421 si', 273 no e 11 astensioni, stabilisce che l'orario settimanale e' di 48 ore e concede tre anni agli Stati Ue per derogarvi arrivando alle 65 ore settimanali, di fatto eliminando la possibilita' di 'opt out' al termine del periodo transitorio.
canisciolti.info

martedì 16 dicembre 2008

Prime considerazioni sulle elezioni in Abruzzo

Sull’Abruzzo non c’è pace:è circa mezzanotte e stiamo ancora cercando di districarci tra i dati che arrivano dalle prefetture, quando apprendiamo che Luciano D’Alfonso, sindaco di Pescara e segretario Regionale del PD è stato arrestato con l’accusa di concussione. Credo che questo episodio, più di ogni altra considerazione, illumini efficacemente le ragioni della sconfitta elettorale
del centrosinistra e della bassa affluenza degli elettori alle urne. Ormai la mancanza di etica nella gestione delle risorse pubbliche e la scarsa trasparenza dei rapporti tra amministratori e imprenditori ha prodottouna vera e propria crisi della democrazia rappresentativa; gli elettori non si fidano più di nessuno e non riconoscono differenze sostanziali tra i vari schieramenti. Così accade che in Abruzzo voti poco più del 50% degli aventi diritto il che comporta che il Presidente della coalizione di centro destra , che ha vinto con il 48% dei voti validi, governerà con il consenso di solo un quarto della popolazione. La questione morale trascina con sé una questione democratica sulla quale occorrerebbe riflettere se si vuole proporre un’alternativa di cambiamento che solleciti la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche.
Mentre scrivo i dati elettorali non sono ancora completi ma emergono già alcune tendenze chiare: la coalizione di centro destra vince con un distacco consistente( 5-7 punti) grazie a due liste locali, il Movimento per le autonomie e Rialzati Abruzzo che in provincia dell’Aquila hanno rispettivamente il 10 e l’11%. Il PD ha un vero tracollo perdendo circa 13 punti rispetto alle recenti elezioni politiche; l’IDV oscilla intorno al 14% e nella città dell’Aquila è il primo partito del centrosinistra con qualche voto in più del PD e una percentuale del 18%. La nostra lista “la Sinistra” si attesta regionalmente al 2,4%, il che dovrebbe permetterci di eleggere un consigliere regionale; insieme con Rifondazione(2,8) e il Pdci( 1,9) le forze che avevano dato vita all’arcobaleno si attestano attorno al 7%. Per analizzare questi dati nel dettaglio sarà necessario aspettare domani, avendo i dati definitivi, ma intanto è già possibile fare alcune considerazioni:
-- noi esistiamo, siamo una piccola forza che comincia a radicarsi nel territorio.
-- non siamo in grado tuttavia di intercettare il desiderio di cambiamento degli elettori che guardano con più fiducia all’IDV.
-- il PD perde consenso e noi dobbiamo definire meglio cosa significa “nuovo centro sinistra” anche alla luce delle vicende giudiziarie che hanno coinvolto il maggior partito della coalizione.
Di questo e di altro dovremo cominciare a ragionare da domani, quando saranno più chiari i rapporti numerici all’interno della neoeletta assemblea regionale e gli spazi per un’opposizione ferma sia alle politiche di privatizzazione della sanità, annunciate in campagna elettorale, sia all’insediamento di produzioni altamente inquinanti come risposta alla crisi occupazionale.
dal portale nazionale di Sd

lunedì 15 dicembre 2008

Intervento di Mimmo Saponaro all'assemblea nazionale dell'Associazione per la Sinistra

Grazie ai Compagni di Alliste per la realizzazione del video

Comunicato stampa sugli scontri tra forze dell'ordine e studenti presso l’Università del Salento durante l'inaugurazione dell'a.a.

La Federazione provinciale di Lecce della Sinistra Democratica esprime piena solidarietà agli studenti salentini, cui oggi è stato impedito di manifestare liberamente e pacificamente il loro pensiero durante l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università del Salento.

Condividiamo totalmente la preoccupazione degli studenti riguardo al futuro dell’Ateneo salentino che rischia il collasso finanziario a seguito dei tagli previsti dal governo.

Quello che più ci rammarica è che le istituzioni continuano a praticare il loro sport preferito: quello del rimbalzo di responsabilità con il Magnifico Rettore e il Questore di Lecce che dichiarano di non essere in alcuno modo responsabili della violenta reazione che le forze dell’ordine hanno avuto nei confronti dei manifestanti, i quali intendevano solo esporre uno striscione in fondo alla sala dove si teneva la cerimonia.

Chiediamo che si faccia luce sull’accaduto e che siano rintracciate le responsabilità perché anche questo avvenimento non resti una pagina nera che ha impedito il diritto costituzionale di libera manifestazione del pensiero.

Mimmo Saponaro
Coordinatore provinciale SD del Salento

venerdì 12 dicembre 2008

Per la Sinistra. Diretta dalle 13 alle 18 di sabato, 13 dicembre

Social card. Dal welfare alla carità

Scoprire che esiste la povertà è importante e cercare di arginarla è fondamentale. Ma, come ci sono modi diversi di spiegare l’indigenza, ci sono metodologie di intervento politiche diverse, sia pure all’interno di uno stesso sistema che stenograficamente si può definire capitalistico.
Figlio della filosofia del Welfare, questo sistema potrebbe cercare di rafforzare i meccanismi di uno Stato sociale attraverso apposite politiche pubbliche di ridefinizione strutturale della ricchezza a favore dei meno abbienti. Oppure, in opposizione a tale filosofia e perseguendo l’ideologia liberistica, può pensare di attenuare (non certo di risolvere) il problema, smantellando tutto ciò che rimane del Welfare e santificando, con la leggerezza dell’elemosina, l’esistenza della povertà, o meglio dei poveri.
La prima ipotesi prefigura, infatti, una prospettiva di manovra contro la povertà; la seconda, invero, ne prospetta una contro i poveri. Alla prima si possono annoverare anche gli studi di analisi delle politiche pubbliche sviluppatisi in America negli anni ’60 per seguire l’esito di vari programmi di politica sociale (appunto gli antipoverty programs), mentre alla seconda si può abbinare l’azione del governo italiano in carica che scopre la povertà.
Infatti il bonus alle famiglie e soprattutto la social card rappresentano forme minimali di una caritas che tende a legittimare poi tutto il resto, indicando in maniera quanto mai etichettante la fascia più povera della popolazione, in una sorta di teoria del labelling che sappiamo quanta “fortuna” abbia avuto in criminologia e nella sociologia della devianza.
Definita in vario modo, la social card, oltre a ricordare qualcosa che pensavamo tramontato nell’oblio di un torbido passato, è stata efficacemente definita da C. Saraceno come un “embrione di reddito minimo”, anche se non si capisce perché venga limitata solamente agli anziani e alle famiglie con bambini al di sotto dei tre anni, perché certo non sono gli unici ad aver bisogno di un aiuto economico. Altra cosa sarebbe una politica capace di garantire un reddito minimo per i bisognosi, nonché una indennità di disoccupazione e se la social card, carente come si è visto, nel metodo e nel merito, esiste in altri Paesi, bisogna pur sempre ricordare che nell’Europa a 15 solo l’Italia e la Grecia non prevedono l’indennità di disoccupazione.
Ancora una volta le risorse maggiori vengono destinate altrove e l’elemosina istituzionalizzata non fa altro che contribuire al martellamento continuo sul nostro Welfare. Le politiche pubbliche tendevano attraverso il diritto uguale a smussare le disuguaglianze e a creare uguaglianze sostanziali. La social card, invece, stressa le disuguaglianze, le etichetta, le ipostatizza. Essa vuole diventare strumento di implosione dei conflitti e garanzia di controllo sociale così come era nella vecchia impostazione delle poor laws inglesi di ottocentesca memoria.
Perciò senza uguaglianza, come ha recentemente detto G. Zagrebelsky, la società diventa gerarchia e i diritti cambiano natura: “per coloro che stanno in alto, diventano privilegi e, per quelli che stanno in basso, concessioni o carità”.

giovedì 11 dicembre 2008

Assemblea nazionale per la Sinistra. Le primarie delle idee

Il 13 dicembre non sarà solo una festa. Ne abbiamo fatte tante, di feste: servono a star bene insieme, a contare le facce conosciute, a mettere in fila un po’ di bei discorsi, a mostrare i muscoli. E a ritrovarsi confusi e svuotati il giorno successivo.
Il 13 dicembre sarà una scelta. Convinta e impegnativa. La scelta di aprire questo processo costituente al paese, di sottrarlo alle prudenze dei gruppi dirigenti, di incarnarlo nelle passioni e nella generosità di chi sente tutta l’urgenza di una nuova sinistra in Italia.
Non staremo qui a dirci ancora una volta quanto “nuova” debba essere questa sinistra: abbiamo impegnato quattro mesi, dall’assemblea di Cianciano in poi, a ragionare sull’eredità che le culture politiche del secolo scorso ci hanno lasciato. Ci siamo detti cento volte che quell’eredità non va congelata né rifiutata ma rielaborata, impastata con una lingua diversa, arricchita con pratiche finalmente democratiche, finalmente inclusive. Abbiamo parlato delle troppe liturgie e dell’urgenza di abbandonarle. Abbiamo compreso che questo progetto non riuscirà a sommare tutta l’attuale sinistra (difficile tenere insieme chi si sente comunista dentro, e chi invece festeggia ogni giorno l’orgoglio comunista…), ma che oggi la virtù politica essenziale, più che l’unità ad ogni costo, è la coerenza: ovvero la capacità di utilizzare lo stesso alfabeto, di condividere la stessa ricerca, di affrontare lo stesso mare.
La sinistra italiana che nascerà il 13 dicembre sarà il racconto di questo tempo e di questo paese. Ma ne sarà anche il rimedio. Una sinistra del fare, più che dell’affermare. Questo ci siamo detti: e ce lo siamo detti a lungo. Adesso dobbiamo cedere ad altri la parola, lasciare che essa venga raccolta da chi questa nuova sinistra la sta già fabbricando nella pratica politica quotidiana, nel lavoro sui territori, dentro le amministrazioni, nei tempi serrati delle cento assemblee che abbiamo già svolto.
Cosa sarà e “quando” sarà questa nuova sinistra italiana? E’ ciò che cominceremo a decidere insieme tra due settimane. Posso solo dirvi cosa non dovrà essere: né un circolo di cultura, né un repertorio di tatticismi o di parole reticenti. Perché questo progetto decolli, perché diventi subito pane quotidiano e sfida elettorale in Italia e in Europa, occorre molta generosità. E poco politicismo. Esattamente l’opposto di ciò che è accaduto ad aprile.
Claudio Fava, coordinatore nazionale Sd

martedì 9 dicembre 2008

60° dalla Dichiarazione universale dei Diritti Umani. Dai Diritti ai fatti

Non ci sarà rito più bugiardo di questo sessantesimo anniversario sulla dichiarazione universale dei diritti umani, se tutto si risolverà in una accademica celebrazione. I diritti fondamentali meritano fatti, indignazione, proposta, denuncia, militanza, fatica, rabbia, passione, mestiere... Tutto tranne che una passerella di nomi probi e giusti, di parole accorate, di impegni solenni.

Non celebrano nulla le migliaia di persone ostaggio della guerra in Congo, nel Darfur, a Gaza. Non celebrano nulla i milioni di nuovi poveri che la crisi finanziaria ha messo in ginocchio in tutto il pianeta. Non celebrano nulla i morti del terrorismo e le vittime delle risposte scellerate che i nostri governi hanno inventato per combattere il terrorismo... Insomma, parlare di diritti umani oggi vuol dire rimboccarsi le maniche. Rimettere in fila molti diritti smarriti, riaffermarne di nuovi, ricostruire una centralità della dignità umana sulla quale si sono abbattute in questi anni troppe eccezioni, troppe scorciatoie, troppi silenzi.
I diritti - diritti nudi, concreti, senza aggettivi - sono l'unica risposta alla politica della paura, alle guerre dei penultimi contro gli ultimi, all'idea d'un tempo in cui occorre separare, mai condividere. Quei diritti, pensati in un tempo in cui sembravano immuni da ogni minaccia, oggi sono un terreno di conflitto politico e sociale, una trincea di conquistare e difendere contro le tentazione del senso comune. Ecco l'impegno, ecco la fatica. Ecco soprattutto una buon'azione da sinistra, un modo efficace per uscire dalle nostre stanze. Per tornare a parlare al paese reale.

tratto da sinistra-democratica.it

domenica 7 dicembre 2008

Grazie a tutti e a tutte, Compagn*


sabato 6 dicembre 2008

Rogo Thyssen. Un anno e milletré morti dopo...

Nelle lettere dei familiari il dolore ed il ricordo delle sette vittime del rogo
Massimo Numa

All’1,15 del 6 dicembre 2007 scatta l’allarme per un incendio, alle linea 5 dell’acciaieria Thyssen-Krupp. Sette operai, ustionati, muoiono in ospedale, nell’arco di un mese. E’ passato un anno, ma il dolore dei familiari è sempre lo stesso. Furono attimi terribili. Tra i primi ad arrivare, anche due poliziotti del 113, l’ispettore capo Massimo Galasso e l’agente Pietro Di Costa. «Non potrò mai dimenticare - racconta oggi l’ispettore - quella terribile e atroce scena, i vigili del fuoco, la gente del 118, i colleghi dei feriti, noi che cercavamo di aiutare quei poveretti come si poteva, non sapevamo se le lacrime che ci scendevano sul volto erano per il fumo ancora acre o per la commozione».

Le mogli, i figli, i genitori, i familiari, adesso, mentre l’anniversario si avvicina, non vogliono parlare di processi o di polemiche. Chiusi nel loro lutto, quasi spaventati dal clima delle feste imminenti. Nei loro ricordi, molto semplici, nati di getto, senza pensarci su, compaiono alcuni aspetti simili, stranamente condivisi da tutti. Le ultime immagini delle vittime della Thyssen raccontano di uomini «vestiti con le tute da lavoro», impressi nelle memorie di tutti mentre stavano per lasciare le loro case per raggiungere la fabbrica. Ci restano i loro sorrisi, nelle foto e nei ricordi. Quelli non li dimenticheremo mai.

Nel mio cuore non c'è più posto per il Natale
Grazia Rodino, mamma di Rosario. 26 anni

Rosario, figlio mio. Ascolto ancora la tua voce, ti rivedo, come se fosse oggi, adesso, mentre mi racconti che ti hanno cambiato il turno...da due settimane, non eri contento ma eri sempre lo stesso. Io non riesco a non parlare con te di questo, mille e mille volte. Anche adesso, tu sei qui con me, non abbandoni mai i miei pensieri, continui a proteggermi, come se non fosse accaduto nulla. E' tristissimo vivere, senza di te, ogni giorno. Sei un ragazzo serio, lavorare non ti ha mai spaventato. Se ti rivedo, sei vestito come quando andavi in fabbrica, come quando tornavi stanco, nella tua camera tutto è rimasto come allora, ci sono le tue foto e le cose che ami di più.

A noi sapevi stare vicini, ci davi e ci dai ancora forza. A me e a tutti i tuoi familiari che ti hanno sempre nella memoria. Il fatto che tutto sia successo un anno fa, mi riempie ancora di più d'angoscia, il Natale che sta arrivando mi fa precipitare ancora di più nello sconforto. Nel mio cuore di mamma non c'è posto per la festa, senza di te mai più.

I tuoi gesti quotidiani non mi lasceranno mai
Immacolata Schiavone, moglie di Antonio. 36 anni

Penso davvero che la morte non interrompa un legame che è indissolubile, saldo com’è nelle nostre anime.
Il legame che ci univa non s’è spezzato e oggi è eguale a ieri.
Molto spesso ho la sensazione che la nostre vite si siano fermate in quell’attimo, quando c’è stato l’incendio. Ma la memoria, spesso, si concentra su pochi frammenti della nostra vita passata. Non è facile, rievocare tutte le sequenze di una vita in comune, quando tutto scorreva normale, senza traumi, con le solite preoccupazioni.
Non so perché, ma quando penso alle tue ultime immagini, ti ricordo quasi sempre pronto per andare nella fonderia, ecco il mio Antonio che va in fabbrica e che ritorna, secondo un ritmo che allora sembrava non dovesse finire ma che un giorno invece s’è interrotto, lasciandomi sola, prigioniera di questo lutto che non ha un perché e che non avrà mai fine.
Gli stessi gesti, ripetuti chissà quante volte; ho vissuto di questo, nei mesi che sono trascorsi uno dopo l’altro, tu per me non è come se fossi vivo. Sei vivo.

Non dimenticherò mai il tuo sorriso buono
Calogero De Masi, papà di Pino. 26 anni

Mio figlio Pino era un bravissimo ragazzo. La sua è una storia molto breve, racchiusa in un arco di tempo troppo, troppo esiguo, è la storia di un ragazzo che è andato un giorno a lavorare in fabbrica e non è più tornato. Non c’è molto altro da dire. Questi lunghi mesi sono stati un tormento per me, perché, davanti a una fine così atroce, non ci si può rassegnare mai. Mi resta il ricordo del suo sorriso, del suo modo di essere solare, il sorriso di un ragazzo semplice, alla buona. La sua memoria non mi aiuta a ritrovare la pace, a ritrovare la serenità. E' un male che mi scava dentro, ogni giorno che passa è ancora immerso nel buio.

Roberto, sei il cielo dei bimbi
Egle Scola, moglie di Roberto. 32 anni

Non ho le parole, non le trovo. Le ho tutte chiuse dentro. Eravamo sposati da quattro, più due di fidanzamento. Sei anni. Mi manca tanto, sono rimasta sola con i miei bambini che sanno tutto, il loro papà è il cielo e questo, forse, è l'unica cosa certa, la nostra forza, che è quella di andare avanti, come se lui fosse ancora accanto a noi. Sono passata due volte davanti alla fabbrica, solo due perché non ho l'auto e mi hanno accompagnata. Vado al cimitero. La nostra vita è spezzata per sempre e le feste ci rendono ancora più tristi, ancora più disperati nell’anima. Altro non posso dire. Non trovo le parole.

Lotto, ma non c'è pace
Sabrina Laurino, moglie di Angelo. 43 anni

Io sto male, e questo anniversario, se mai, sottolinea il peso che mi porto addosso, la lotta di tutti i giorni che faccio per i miei figli piccoli. Lottare è il termine giusto. Devo crescerli da sola. Insegnare loro il significato di ogni cosa. Loro sanno e non sanno, ma è certo che il loro papà non lo vedranno più. Questo hanno capito. Sono contenta che, quella notte, io che lo accompagnavo a lavorare in auto sempre da sola, ho portato con me pure i bambini. Lo supplicavamo di non andare a lavorare, invece lui decise che sì, bisognava farlo. Ci fermammo a parlare ancora qualche istante, davanti alla fonderia, e spiegai ai piccoli che lo faceva per loro. Noi lo vedemmo attraversare le porte, sono tre, sino all'ultima. Mio figlio mi aveva detto di fermare la macchina perché voleva salutare ancora una volta il suo papà. Lui si voltò, un attimo prima di sparire e fece un saluto e un sorriso.
Da allora vado spesso davanti alla fabbrica, mi fermo davanti ai cancelli e rivivo quegli istanti come in un film, lo vedo di nuovo entrare e aspetto che il turno finisca per dirgli, “dai vieni a casa”. Qualcuno pensa che sia diventata matta, ma non è così. No, la pace non c'è, non l'ho trovata mai, dopo questi mesi. Un anno è passato, un altro passerà e quanti altri ancora. Dovrò lottare sempre.

Mi hanno rubato ogni cosa
Rosetta Marzo, moglie di Rocco. 54 anni

Un anno è passato. Come sto? Io mi sento come una moglie a cui hanno rubato, rapito, il marito. A gennaio 2008 avremmo fatto trent'anni di matrimonio. Mi sono sposata a 19 anni. Adesso che ne ho quasi 50, tutto finito. Eravamo una persona sola. Rocco mi telefonava: "Rosi come va? E i ragazzi?". A casa, anche stanco, giocava ancora con i figli. Eravamo una bella famiglia, davvero. Era un capoturno, non doveva essere sulle linee, ma ha visto i suoi compagni, "i miei figli", diceva, in difficoltà. Ha fatto il suo dovere e anche oltre. Questa è l'eredità di Rocco.

Io me lo sogno ogni notte. Quando è morto, dopo dieci giorni di terribile agonia, mi è comparso: "Rosi, io ce l'ho messa tutta, ho combattuto tanto per tornare". E’ vero. Non l'ho voluto vedere, né io, né i miei figli, non l'ho potuto vestire, accarezzare. Dopo sei giorni la caposala ha avuto pietà e ha sollevato il lenzuolo, era rinchiuso in una culla termica, e gli ho baciato i piedi. E' l'ultimo contatto che ho avuto con lui. Noi lo vogliamo ricordare con il suo sorriso, con la sua decisione di affrontare la vita con uno spirito sempre ottimista. Era consapevole dell’atrocità di quella morte, me ne aveva parlato quando altre persone avevano fatto la stessa fine: "Rosi, è la sorte peggiore”. No, per me non ci sono feste, non c'è gioia. Ho fede, l'ho conservata, è importante averla. Rocco è con me, sempre, ogni istante.

Ti sento sempre con me
Rosa Santino, mamma di Bruno. 26 anni

E' passato un anno ma è come se fosse passato un solo secondo. Che posso dire di te? Che ti rivedo come se fosse allora, quando tornavi a casa stanco dopo il secondo turno, e io ti aspettavo sempre, qualsiasi ore fosse della notte. Ma tu sorridevi sempre, non mi facevi mai pesare la tua fatica, né con me ti mostravi preoccupato o pensieroso. Appena arrivavi a casa, ti toglievi i vestiti da lavoro, venivi in cucina e mi abbracciavi. Non c'è un solo giorno che tu non l'abbia fatto.
Non è vero che te ne sei andato. Per me è come se tu fossi qui, con te parlo e tu mi rispondi, ti sento con me. Noi ti amiamo e questo spiega tutto. Sei un figlio che tutte le mamme sognano di avere. La mia vita senza di te è una sequenza di giorni e di mesi di dolore, di quel dolore che solo una mamma che ha perso un figlio può capire.

giovedì 4 dicembre 2008

Parola di Venerabile

''Con la P2 avevamo l'Italia in mano. Con noi c'era l'Esercito, la Guardia di Finanza, la Polizia, tutte nettamente comandate da appartenenti alla Loggia Massonica P2, ma tutto sempre per il bene del Paese. La P2 raccoglieva tutte persone che non avevano bisogno di fare carriera, ma di essere sostenute, perché erano tutti arrivati a posti di alta responsabilità. Noi non abbiamo mai voluto attaccare, eravamo invece una sentinella, attenta a controllare che non emergesse il Partito Comunista''. Lo ha detto Licio Gelli intervistato da Klaus Davi aggiungendo che ''all'epoca, il Partito Comunista, dal 1965 sino al 1975-80, era ben strutturato militarmente, in grado di organizzare bene anche un colpo di Stato, aveva potere militare.

Non era come il Partito Comunista di oggi, che non conta più niente ed è diviso in undici bande in lotta tra loro''. ''Nel mio piano di rinascita della P2 -ha aggiunto- prevedevo la creazione di una Repubblica presidenziale, perché da più responsabilità e potere a chi guida il Paese, cosa che nella Repubblica parlamentare manca. Il Presidente attuale di una Repubblica parlamentare non è responsabile praticamente di nulla. Se accade qualcosa, non riguarda mai il Presidente, bensì il Parlamento. In Italia c'è bisogno di una Repubblica presidenziale''. Nell'intervista Gelli ha parlato anche dei suoi guai giudiziari e delle pagine più nere della nostra repubblica.

''La strage di Bologna? Fu opera di una mano straniera. Le accuse nei miei confronti sulla strage di Bologna sono solo masturbazioni mentali dei giudici appartenenti a cellule comuniste. Proprio per questo motivo si dimise Montorsi, l'avvocato di parte civile del processo. Io sono stato assolto in primo grado. Poi fui accusato in secondo grado per calunnia, ma non ho mai fatto i nomi di nessuno. In terzo grado, fui invece accusato di essere un depistatore ma come può un libero cittadino depistare?''. Commentando l'omicidio del giornalista Pecorelli Gelli ha dichiarato: ''Omicidio Pecorelli? Fu opera di mano italiana. Se i magistrati avessero analizzato e studiato con attenzione i bollettini ricevuti dal giornalista nell'ultimo anno, sarebbero venuti a capo di informazioni utili. Io non sono un investigatore, altrimenti avrei verificato le minacce che aveva ricevuto e la gravità che le stesse potevano comportare. In un certo senso dovevano eliminarlo''.

canisciolti.info

mercoledì 3 dicembre 2008

Sabato, 6 dicembre. Inaugurazione della nuova sede del Cantiere salvese per la Sinistra unita e plurale

L'editto albanese

Come a Sofia. Se in Bulgaria aveva chiesto la testa di Biagi, Santoro e Luttazzi, oggi il premier se la prende con Paolo Mieli e Giulio Anselmi. La vicenda Sky manda fuori di senno il premier che questa volta se la prende con i direttori di Corriere della Sera e Stampa. «Che vergogna... questi sono i personaggi della sinistra con cui abbiamo a che fare. Io Sky la capisco, ha avuto un privilegio, ma non capisco i giornali che invece di chiedersi come mai c'era un rapporto privilegiato nei confronti di Sky attaccano me, che vergogna! Direttori e politici dovrebbero tutti cambiare mestiere, andarsene a casa. Politici e direttori di questi giornali, come La Stampa e il Corriere dovrebbero cambiare mestiere»: così Silvio Berlusconi parlando con i cronisti. «Altro che conflitto di interesse e Berlusconi...».
l'Unità.it

Il commento pubblicato oggi su Repubblica

"Sei anni dopo l'editto bulgaro dell'aprile 2002 contro Biagi, Santoro e Luttazzi, è arrivato anche l'editto albanese contro i direttori dei giornali. Di ritorno da Tirana, il Cavaliere ci ha regalato un altro esempio del suo personalissimo modo di essere uno "statista liberale". Non bastano più la militarizzazione della politica e la colpevolizzazione dell'avversario, la delegittimazione delle istituzioni e la denigrazione del dissenso. Ora siamo all'attacco pubblico rivolto contro le singole testate giornalistiche, i loro titoli, le loro vignette. "Colpevoli" di aver informato i propri lettori su quanto accade ai danni di Sky con l'inasprimento dell'Iva, e di aver rivelato ciò che è palese a tutti e che questo giornale denuncia da anni: l'insostenibile conflitto di interessi che esplode sistematicamente tra il Berlusconi capo del governo e il Berlusconi proprietario di Mediaset.

Ma stavolta quel minaccioso "cambiate mestiere" indirizzato ai direttori (per lui un altro "cancro da estirpare", proprio come i magistrati) tradisce ormai molto di più del suo già colossale conflitto di interessi. Molto di più del vittimismo arrogante e manipolatorio, con il quale trasforma ogni volta un torto inflitto in un torto subito. Molto di più della "follia" lacaniana (e nient'affatto erasmiana) che lo pervade ogni volta che è in gioco il suo impero mediatico. Dietro quelle parole del Cavaliere c'è davvero una visione tecnicamente "totalitaria" della democrazia, che tra un editto e l'altro sta ormai precipitando in un'autocrazia. "

martedì 2 dicembre 2008

La miracolosa resurrezione dei DS

“Il passato è un uovo rotto… mentre il futuro è un uovo tutto da covare”.Mi viene alla mente la frase che un nostro caro Amico pronunciò subito dopo la sua elezione a segretario Provinciale qualche anno fà. Come dire… visto come stanno andando le cose ci sarà da vederne “delle belle..!” Chi avrebbe mai creduto che il partito in cui molti di Noi hanno militato per anni e che credevamo morto e sepolto sarebbe poi invece resuscitato? No cari amici, non sto assolutamente scherzando. I Democratici di Sinistra sono vivi e vegeti! Almeno così sembra, visto che il segretario è sempre Piero Fassino e che lo stesso si è recato a Madrid per firmare l’atto di adesione al Manifesto programmatico redatto dal Pse in vista delle elezioni Europee del 2009. Chi non ci crede clicchi questo link e avrà la conferma di quanto sto dicendo. Grottesco, ridicolo e forse anche “un pò disonesto”. Direi senza ombra di dubbio che siamo di fronte ad un mix delle tre opzioni. Il povero “Uolter”, sempre più in balia di se stesso e dei suoi dubbi amletici, ha infatti pensato bene di provare a tenere i piedi in due staffe ricorrendo a questo bellissimo e furbissimo stratagemma. Pressato un po' da tutte le parti affinché il PD faccia di tutto per inventarsi un nuovo percorso ma nello stesso tempo opportunisticamente attento a non far staccare la spina della macchina che tiene ancora artificialmente in vita qualche flebile segnale di sinistra, l’audace condottiero che si vanta di aver “scoperto” Obama prima di molti altri, ha pensato bene di non far aderire il PD al Pse dando però il nulla osta al mitico Piero da Torino affinché, in qualità di segretario di un partito che a noi risultava morto e sepolto apponesse invece la firma fatidica! Satireggiare può anche essere divertente, almeno fino a quando non ci si pone delle riflessioni più serie e ponderate… Vi confesso che io credevo di essere “affondato” con quello che era stato il mio partito per molto tempo, ma altrettanto che non mi va proprio per niente l’idea che questo losco figuro che risponde al nome di Walter Veltroni, prima di lasciare definitivamente la poltrona sulla quale per il momento continua a poggiare il suo dorato posteriore, si permetta di ricorrere all’imbroglio, ai “mezzucci”, agli “inciuci”, che oltretutto mi chiedo fino a che punto possano essere legali, per non perdere definitivamente il “contatto fisico” con la Sinistra Europea rappresentata dal Pse! Nell’ultimo congresso di Pesaro i Ds furono seppelliti con tanto di addii e lacrime da parte di tutti in nome di un nuovo partito. Come si può arrivare a perdere la faccia in questo modo? Come può un partito inequivocabilmente di centro tirar fuori dal cilindro magico il vestito delle occasioni per ballare ancora, e forse per una sola volta, con la dama di cui non è degno né desiderato? Se a qualcuno queste parole potessero far sorgere dubbi di sorta vorrei ricordare che siamo di fronte ad un’operazione illegittima, truffaldina e scorretta. Non si può fare i doppiopettisti come e quando ci pare, oltretutto avendo alle spalle le note e gravi colpe che hanno contribuito in larga parte a mettere in sordina l’intera Sinistra Italiana che si trova oggi fuori dal Parlamento. Ma se un dio c’è, vedrà e provvederà. Non credo che i Cittadini Italiani si faranno ancora imbrogliare da maghi da quattro soldi…
tratto da
sdlivorno.wordpress.com

lunedì 1 dicembre 2008

Tremonti e la Social card

Per superare le eventuali remore “sociali” (sei povero ma non devi sentirti povero?) la social card sarà anonima ma dovrà essere firmata. “Potrà essere utilizzata da Chiunque,” compresi parenti e figli delle nostre povere nonnine. Chiunque, Compresa la criminalità organizzata, aggiungo io. Troppo difficile mettere questi soldi direttamente sulle pensioni o sui salari minimi? Troppo difficile incaricare i servizi civili, i distretti sanitari e le varie onlus di individuare ed aiutare sul territorio persone che realmente non riescono a mettere il piatto a tavola? E perché no… Troppo difficile fare queste benedette social card con i nomi dei beneficiari?

Il governo ha voluto chiarire che questo strumento non va inteso come un “marchio di povertà”, ed appunto per superare le eventuali remore sociali sarà anonima.

Caro Ministro Tremonti vorrei chiarirle un paio di cose:

  1. Se sarà anonima, inutile firmarla. Sarà anonima lo stesso, e questo lo sa bene.
  2. Le potrà sembrare strano ma la social card è un marchio di povertà. Lei sta regalando 40 euro al mese a persone che in teoria non dovrebbero riuscire ad arrivare alla terza settimana. E’ più facile immaginare queste persone che scorrazzano tra i vari supermercati e i mercatini rionali in cerca di risparmio, piuttosto che scorrazzare tra Luis Vuitton e Cartier sugli Champs Elysees.
  3. Lei vive in Italia, amministrata da Montecitorio, ma co amministrata dalla Mafia S.p.A. Essendo anonime, chi ci garantisce che le social card non passino prima tra le mani dei co amministratori piuttosto che tra quelle delle povere vecchiette?
  4. Gli esercizi commerciali dove si potrà spendere con la social card stipuleranno delle convenzioni con i ministeri ed assicureranno degli sconti per chi acquisterà con la card. Se questi esercizi commerciali verranno controllati così come ai tempi dell’entrata in vigore dell’euro allora siamo al sicuro.
    Una moneta da un euro è sempre stata considerata pari ad una banconta da Mille Lire, questo lo sa bene. Così come sa bene che i prezzi sono sempre aumentati arbitrariamente, senza nessun controllo. Mi permetta quindi di dubitare dei controlli sulle agevolazioni dei beneficiari della social card.
  5. Questi 40 euro saranno 40 euro per i cittadini di Desenzano sul Garda, in provincia di Brescia, e saranno 40 euro per i cittadini di Taormina. Sa che il pane a Desenzano costa tre volte quanto a Taormina?
    Non crede che al Nord le social card, in teoria destinate all’acquisto di beni di prima necessità e quindi anche al pane, avrebbero dovuto essere “più generose”?
    E se glielo propone un cittadino del Sud, Terrone ma soprattutto non razzista, può starne certo.

Caro Ministro Tremonti le consiglio di non preoccuparsi più di tanto di eventuali remore sociali e di eventuali marchi di povertà.
Purtroppo nel nostro Paese c’è chi piange e fotte, ma c’è anche soprattutto chi piange e basta.
Piange e non sa cosa cosa darebbe pur di ricevere un aiuto. Piange e sarebbe disposto a tutto, anche alle contraddizioni. Anche a vedere il proprio nome stampato o inciso su questo tesserino accanto allo stemmino della Master Card.

La social card potrà essere utilizzata per effettuare acquisti in tutti i negozi alimentari abilitati al circuito Mastercard. Già la Master Card. Chissà quante operazioni bancarie in più per Master Card. Quante operazioni in più per i suoi nemici banchieri.

Caro Ministro Tremonti, ci sono cose, come la capacità di programmare e attuare manovre concrete di solidarietà sociale, che non si possono comprare.
Per tutto il resto non c’è la Social card. C’è sempre Master Card.

Ed anche questo lo sa bene.

mentecritica.net

giovedì 27 novembre 2008

Per la Sinistra. L'appuntamento è il 13 dicembre

Decisione confermata, ci si vede a Roma sabato 13 dicembre prossimo per varare “Per la Sinistra”. Di questo si è discusso il 27 novembre attorno al “Tavolo della Costituente di Sinistra” allestito anche questa volta nel salone della Casa internazionale delle donne. A fissare l’appuntamento di metà dicembre era stato il Documento “Costruire la Sinistra: il tempo è adesso” presentato lo scorso 7 novembre in una conferenza stampa alla quale parteciparono, tra gli altri, Moni Ovadia, Maria Luisa Boccia, Giorgio Parisi, Claudio Fava, Nichi Vendola, Paolo Cento e Umberto Guidoni, e poi sottoscritto da migliaia di donne e uomini attraverso la rete e nelle tante iniziative che si sono tenute nelle diverse città di Italia.

E sono proprio i tanti firmatari del Documento, i gruppi e le associazioni nati localmente attorno alla speranza che il tempo per costruire una nuova sinistra sia arrivato, che hanno voglia di spendere tempo e passione per un progetto concreto, che dovranno essere i protagonisti del 13 dicembre. Per organizzare, nel poco tempo che ci separa da quella data, l’incontro è stato individuato un gruppo di lavoro nazionale che ha il compito di preparare l’assemblea e di raccordarsi con il territorio. All’inizio della prossima settimana , quindi, per conoscere luogo e orario precisi, programma dettagliato dell’incontro.

Il Documento

mercoledì 26 novembre 2008

Partecipazione. Spot istituzionale della Regione Puglia


martedì 25 novembre 2008

Milano: il Comune nega riconoscimento ad Enzo Biagi. E a Saviano niente cittadinanza onoraria

Il giornalista Enzo Biagi, scomparso lo scorso anno, non riceverà la grande medaglia d'oro alla benemerenza civica del Comune di Milano. Dopo la fumata nera di lunedì notte, la commissione per l'assegnazione delle onorificenze non ha accolto la candidatura presentata dal centrosinistra e a suo tempo sostenuta anche dal sindaco di Milano, Letizia Moratti. Tutta la maggioranza di centrodestra ha infatti votato contro a un riconoscimento che, per essere assegnato, avrebbe dovuto ottenere i 4/5 dell'assise. Non è passata nemmeno la proposta di dare allo scrittore Roberto Saviano la cittadinanza onoraria, e come bastasse a compensare "la mancanza". Milano organizzerà una giornata di approfondimento sui temi della camorra invitando l'autore di 'Gomorra'.

«Dopo aver onorato la memoria di Biagi con l'iscrizione al Famedio del cimitero monumentale - ha spiegato Gallera, capogruppo di Forza Italia - la sua candidatura alla grande medaglia d'oro non era per rendere un merito alla persona, ma per farne uno strumento politico. Noi ci siamo voluti sottrarre a questo gioco». Il consigliere della sinistra, Basilio Rizzo, ha deciso di non partecipare al voto sulle altre onorificenze, dopo aver preso atto dell'orientamento contrario del centrodestra, stigmatizzando «la vittoria dei veti e dei soggiacimenti ai veti». «Triste rammarico per l'assenza di Biagi - è il commento di Pierfrancesco Majorino - non ci aspettavamo che il centrodestra contraddicesse la volontà del sindaco. Il nostro pensiero e il nostro abbraccio va ora ai familiari».

La grande medaglia d'oro negata a Biagi, è stata invece assegnata alla Mondadori, al Conservatorio di Milano e al critico Raffaele Degrada. Tra gli altri benemeriti Nedo Fiano, sopravvissuto ad Auschwitz, don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana, e Stefano Borgonovo e il chirurgo Mario Melazzini, entrambi affetti da Sla.

Inoltre, dopo la bocciatura alla grande medaglia d'oro, il sindaco di Milano ha escluso che proporrà di sua spontanea volontà un'intitolazione di una via della città al giornalista. «Lasciamo un attimo - ha affermato Letizia Moratti - che queste divergenze di opinione si sedimentino: la memoria deve essere onorata anche con la pacificazione, che credo sia altrettanto importante».
«In questo momento - ha poi aggiunto a precisa domanda sull'intenzione di titolargli una via - non mi sento di proporre niente».

L'ipotesi di omaggiare Biagi con un riconoscimento toponomastico in alternativa alla benemerenza civica era stata caldeggiata durante le concitate ore della discussione in commissione, ma poi era naufragata vista la contrarietà del centrosinistra a ritirare la candidatura del giornalista. «La medaglia d'oro, per regolamento, - ha quindi aggiunto - viene conferita quando c'è una maggioranza ampia, quindi non mi sento di dare nessun tipo di giudizio».

«Mi auguro - ha poi concluso il sindaco - che le divergenze di opinione non alterino la memoria che Milano e tutti noi manteniamo di un grande giornalista».
l'Unità.it

PD. Tre fatti, tre reazioni

Fatto n.1.

Riccardo Villari viene eletto Presidente della Commissione di Vigilanza RAI anche grazie ai voti della maggioranza berlusconiana. Il centro-sinistra insorge e propone il nome di Sergio Zavoli, che sarebbe bene accetto anche dal centro-destra. Villari avrebbe dunque dovuto dimettersi per far posto a Zavoli, neo-candidato del partito veltroniano dopo che per ben 44 volte non si era riusciti a trovare il consenso sul nome di Leoluca Orlando, espressione dell’IDV di Antonio Di Pietro. Nella logica dei pesi e contrappesi (leggi: pugnalate e contropugnalate, n.d.r.) della partitocrazia sarebbe tornato tutto a posto, senonché Villari non si dimette affatto e Zavoli resta in panchina.

Fatto n.2.

Nel corso di un programma televisivo sul tema della Commissione di Viglianza RAI il Latorre (PD) passa un sottile foglietto di carta - che subito la stampa definisce un “pizzino” - a Bocchino (PdL) suggerendogli di citare il caso della Corte Costituzionale per indicare come in quella occasione il PdL avesse ceduto su Pecorella (e che quindi non ci sarebbe stato nulla di strano se anche il PD avesse ceduto su Orlando, n.d.r.). Il tutto è documentato da Striscia la Notizia.

Fatto n.3.

La senatrice Paola Binetti associa l’omosessualità alla pedofilia. Il movimento gay insorge.

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Reazione n.1.

Villari è espulso dal Gruppo del PD al Senato.

Reazione n.2.

Di Pietro chiede a Veltroni un’istruttoria sul caso. Non pervenuta la risposta di Veltroni.

Reazione n.3.

Veltroni si smarca.

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Morale della favola.

Fulmini immediati per chi osa sfidare le logiche partitocratiche. Un buffetto sulla guancia per chi suggerisce al nemico come battere l’alleato. E la Binetti pensi un po’ quello che vuole, tanto a noi checcenefrega?

mentecritica.net

lunedì 24 novembre 2008

Mani pulite? Mise fine a 50 anni di progresso e benessere

"Mani pulite mise fine a 50 anni di benessere". L'affondo politico rriva al termine di una giornata fitta di impegni a sostegno di Gianni Chiodi, il candidato del Pdl alla presidenza della Regione Abruzzo. In un comizio a Pescara Silvio Berlusconi dà la sua lettura di Mani Pulite: nel 1992 la magistratura "iniziò un'azione verso i cinque partiti democratici che, pur con molti errori, erano riusciti a garantire anni di progresso e benessere". Nessun riferimento esplicito, almeno in questo passaggio, ad Antonio Di Pietro, che però il presidente del Consiglio nomina in un momento successivo del suo intervento. Al nome del leader dell'Italia dei Valori la platea reagisce con dei fischi e il Cavaliere commenta: "Intervento sgraziato ma efficace".

In precedenza, nei vari appuntamenti della giornata, il presidente del Consiglio, aveva lanciato attacchi ai giornalisti della Rai, alla sinistra che "diffonde pessimismo, con il donchisciottesco" pacchetto Ue per il clima".

Mani Pulite.
Nella visione di Berlusconi "quella magistratura fece scomparire Dc, Psi, Psdi, Pri e Pli". Fu quella situazione a determinare la sua scelta: "E' lì che abbiamo iniziato la nostra avventura di libertà. Ci trovammo in una situazione per cui noi cittadini che non avevamo mai pensato di scendere in politica avevamo di fronte una realtà per cui le elezioni del 1994 avrebbero comportato il Pci e i suoi alleati con il 34% dei voti a occupare l'82% dei seggi parlamentari. Questo era il risultato di accurate indagini che mi furono proposte nel giugno del 1993. Trasalii pensando che il Paese non potesse consegnarsi a chi aveva nel proprio credo e simbolo quella falce e martello che la storia ci aveva insegnato come simbolo di paura, terrore, Stato poliziesco e morte". "Decidemmo in alcuni - conclude Berlusconi - di lasciare le nostre professioni e dedicarci al Paese.
Le cose non sono molto cambiate da allora: la sinistra è rimasta la stessa, professionisti della politica che prendono a pretesto per fare polemica cose di buon senso come questa che abbiamo fatto per la riforma della scuola".

Il clima e il piano Ue.
Berlusconi afferma che in un momento in cui "c'è la crisi economica, mi sembra esagerato che l'Europa voglia farsi portabandiera nella battaglia sul clima". "Non c'è un accordo con gli altri Paesi come la Cina, gli Stati Uniti" e quindi "mi sembra un'opera donchisciottesca" quella portata avanti dell'Unione Europea, ribadisce il premier. "Si tratta comunque - aggiunge - di un giusto obiettivo da perseguire ed è fondamentale perseguirlo".

L'abbronzatura di Obama e Naomi.
Nonostante le aspre polemiche seguite a quella che ha sempre difeso definendola "una carineria", Berlusconi torna sull'"abbronzatura" del presidente eletto degli Stati Uniti: "Volevo fargli un complimento. Vorremmo tutti essere abbronzati come Naomi Campbell e Obama".

Gli insulti dei conduttori Rai.
"Sembra che ci sia un passaparola da parte di tutti i conduttori della Rai che stanno a sinistra per far convergere sul premier prese in giro e a volte insulti, oltraggi e molto spesso menzogne". Berlusconi continua a puntare il dito contro quelle trasmissioni tv che dileggiano il presidente del Consiglio. E ripete di avere invitato i ministri a non prestarsi a "risse in tv". Quanto alla situazione determinatasi in commissione di Vigilanza, la definisce "kafkiana" e assicura: "Noi non possiamo incidere in nulla".

Belusconi poi ripropone la sua ricetta per fronteggiare e superare la crisi economica: "Le imprese si reggono sui consumi. E' perciò sui consumatori che dobbiamo fare leva perché le dimensioni della crisi dell'economia reale non siano estreme. Solo questo può fermare un circolo vizioso che va interrotto con forti iniezioni di speranza e fiducia, guardando in faccia la realtà, come noi stiamo facendo".

rainews24.it

sabato 22 novembre 2008

Un saluto al Compagno Curzi


Il ritratto di SkyTG24

È morto a Roma dopo una lunga malattia Sandro Curzi. Nato a Roma il 4 marzo 1930, aveva 78 anni. Alle 17 sarà allestita la camera ardente in Campidoglio. E sempre in Campidoglio si svolgeranno lunedì alle 11.30 i funerali laici.

IL PADRE DEL TG3 - Resistente partigiano a 13 anni, comunista iscritto già a 14, chiamato a 19 anni da Enrico Berlinguer a ricostruire la Federazione giovanile comunista italiana (Fgci), Curzi ha vissuto tutta la sua vita fedele, pur senza rigidità, alle idee di gioventù passando con Fausto Bertinotti a Rifondazione Comunista alla fine degli anni '90. Il suo impegno politico si è svolto all'interno dei mass media, dal primo articolo, quando era ancora adolescente, sull'Unità «clandestina» per raccontare l'assassinio di uno studente da parte di fascisti repubblichini, al ruolo di capo redattore nel mensile della Fgci Gioventù nuova, diretto da Enrico Berlinguer, fino alla vice direzione di Paese Sera, alla direzione del Tg3 e a quella di Liberazione. Curzi ottenne nel 1944, nonostante la minore età, la tessera del Pci. Tra il '47 e il '48 lavora al settimanale Pattuglia insieme a Giulio Pontecorvo e, nel '49, a la Repubblica d'Italia fino a diventare capo redattore di Gioventù nuova diretta da Enrico Berlinguer.

Inviato nel '51 nel Polesine per raccontare le conseguenze dell'alluvione, vi rimane come segretario della Fgci. Nel '56 fonda Nuova generazione e nel '59 passa all'Unità, organo del Pci per il quale l'anno successivo viene inviato in Algeria per seguire la fasi dell'indipendenza. Lì intervista il capo del Fronte di Liberazione Ben Bellah. Dopo essere stato direttore dell'Unità, nel 1964 diventa responsabile stampa e propaganda della direzione del Pci. Negli anni '60 collabora fra l'altro alla crescita della radio Oggi in Italia che trasmetteva da Praga ed era seguita in molte parti d'Europa da emigranti italiani. La stagione più calda, quella del '68 e poi dell'autunno del '69, della strage di Piazza Fontana e dei fatti che seguirono nei primi anni '70, Curzi la seguì da vice direttore di Paese Sera.

NEGLI ANNI SETTANTA L'IMPEGNO CON LA TV - Dalla metà degli anni '70 arriva l'impegno con la televisione: entra infatti in Rai nel 1975 con un bando di concorso indetto per l'assunzione di giornalisti di «chiara fama» disposti a lavorare come redattori ordinari e comincia dal Gr1 diretto da Sergio Zavoli. Nel '76, con Biagio Agnes e Alberto La Volpe, dà vita alla terza rete televisiva della Rai mentre nel 1978 è condirettore del Tg3 diretto da Biagio Agnes. In questa veste "scopre" Michele Santoro e collabora alla realizzazione del programma Samarcanda.

TG3, IMPRONTA INCONFONDIBILE - Diventa direttore del Tg3 nel 1987 dando al telegiornale una impronta inconfondibile, veloce e aggressiva che dà voce alle istanze della sinistra italiana interpretando gli umori di una crescente insofferenza verso la cosiddetta prima Repubblica. Soprannominato per questo, dagli avversari politici, «Telekabul» (dalla capitale dell'Afghanistan occupata dall'Urss negli anni '70), il Tg3 cresce in spettatori (da poco più di 300 mila ai 3 milioni del '91) e autorevolezza.

COMUNISTA E ANTIFASCISTA CONVINTO - Nel '92 pubblica con Corradino Mineo il libro «Giù le mani dalla Tv» (Sperling e Kupfer) e nel '93, in contrasto con il nuovo consiglio d'amministrazione della cosiddetta Rai dei professori (direttore generale Gianni Locatelli e presidente Claudio Demattè), si dimette. Passa prima a dirigere il Tg dell'allora Tele Montecarlo e poi, dal 1998 al 2005, dirige Liberazione.

Dal 2005, eletto con i voti di Rifondazione, dei Verdi e della sinistra del Pds, era consigliere d'amministrazione della Rai di cui per tre mesi è stato anche presidente in qualità di consigliere anziano, prima di lasciare il posto a Claudio Petruccioli. Comunista e antifascista convinto, politico abile, Curzi si è spesso distinto per posizioni non banali e non sempre in linea con i diktat di partito: basti pensare alle aperture, allora non scontate, del suo Tg3 alle posizioni di Papa Giovanni Paolo II o, più di recente in Rai, all'astensione sulla proposta di licenziamento del direttore di Rai fiction, Agostino Saccà. Tra le sue esperienze va ricordata nel '94 la pubblicazione del libro «Il compagno scomodo» (Mondadori) e nel '95 una curiosa partecipazione al Festival di Sanremo dove canta nel gruppo «La riserva indiana» col nome, palesemente autoironico per chi era stato soprannominato Kojak, di grande capo Vento nei Capelli, eseguendo la canzone «Troppo sole». Era sposato dal 1954 con Bruna Bellonzi, anch'essa giornalista. Era padre di Candida Curzi, giornalista dell'Ansa.

articolo21.info


mercoledì 19 novembre 2008

La prima volta...

«Omicidio volontario». Queste due parole, perentorie, ricorrono oggi (ieri 18.11.08, ndr) nelle aperture dei principali quotidiani italiani: Corriere della Sera, Repubblica, Messaggero, La Stampa, L’Unità, Il Manifesto, Liberazione (uniche eccezioni Libero e Il Giornale, sulle cui prime pagine non si dà notizia del processo). La decisione del gup di Torino, Francesco Gianfrotta, di procedere con il rinvio a giudizio per tutti gli imputati della Thyssen è considerata dalla stampa come un fatto storico nella lotta alle morti sul lavoro.
«Un evento straordinario, e potremmo aggiungere straordinariamente positivo, se il contesto che l’ha determinato non fosse una delle peggiori stragi di operai che questo disgraziato paese ricordi», scrive Loris Campetti sul Manifesto: «Per la prima volta un tribunale italiano si esprimerà sull’ipotesi che la responsabilità degli omicidi non sia soltanto individuale ma dell’azienda, e che il colpevole abbia agito conoscendo il rischio imposto ai suoi dipendenti pur di ridurre le spese sulla sicurezza dell’impianto e degli addetti. Meno costi più incassi». Il giornalista ricorda poi che i dirigenti della multinazionale «sapevano ed erano responsabili dell’esistenza di tre livelli di sicurezza: quello massimo in Germania, uno appena tollerabile nello stabilimento di Terni, uno inaccettabile nello stabilimento torinese condannato alla chiusura».
«Per la prima volta nella storia del diritto italiano, una sentenza stabilisce che i morti sul lavoro possono essere di più: possono essere ritenuti uccisi, assassinati dalla noncuranza dei loro dirigenti», sottolinea Maurizio Crosetti nell’editoriale di Repubblica: «Perdere la vita lavorando, perché le aziende non fanno di tutto per garantire la sicurezza, e anzi rimandano ogni volta gli investimenti a tutela della salute accettando il rischio (come nel caso della Thyssen), equivale a un omicidio». Forse non è un caso, aggiunge Crosetti, «se stavolta i giudici arrivano prima dei politici, degli analisti economici e persino dei sindacati»
Anche il procuratore di Torino Raffaele Guariniello, in un’intervista apparsa oggi sempre su Repubblica, parla di «un fatto certamente storico». Non è mai successo prima, ha ricordato, «che un giudice rinvii a giudizio un manager per omicidio volontario con dolo eventuale in relazione a un incidente sul lavoro. Questo reato esiste da tempo nel nostro codice penale ma non era mai stato contestato in circostanze simili». Il pm è poi tornato su una proposta da lui avanzata da tempo, quella di creare un coordinamento nazionale per indagare su questo tipo di incidenti: «È possibile avere una giustizia rapida e incisiva, ma non dappertutto. Purtroppo in Italia non esiste un criterio omogeneo di valutazione di questi reati. Occorrerebbe specializzare dei magistrati che perseguono questo tipo di reati. Creare una procura nazionale che indaghi sulla piaga degli infortuni sul lavoro potrebbe essere un primo passo».
Di diverso avviso il presidente del Comitato tecnico di Confindustria sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, Samy Gattegno: «Sono stupito e perplesso, l’accusa di omicidio volontario mi sembra di una gravità eccessiva, non mi pare che vi siano fatti tali da giustificare tale impostazione. Decideranno i giudici e la loro decisione sarà sovrana, ma confido che durante il percorso processuale saranno portate alla luce le vere responsabilità». Per Gattegno «quella sera alla Thyssen si è consumato un fatto gravissimo e sono convinto che la verità sarà accertata. Non so quali elementi abbia in mano la magistratura, ma so che il personale è la risorsa più pregiata che un’azienda possa avere, credo che non esista imprenditore che volutamente trascuri il tema della sicurezza. Lo dimostra il fatto che in tanti casi è il capo dell’azienda a morire assieme ai suoi operai, come si è visto anche a Bologna».
«La formulazione del giudice mi ha sorpreso. Rispetto la decisione, ma davanti alla Corte l’accusa si ridurrà», ha detto Ezio Audisio, legale dell’amministratore delegato Thyssen Harald Espenhahn, in una conversazione con il Corriere della Sera. L’avvocato ricorda di «non avere mai chiesto che non si facesse il processo, ma che lo si facesse per un fatto colposo, come suggeriscono le risultanze delle indagini». In vista della prima udienza in Corte d’Assise, fissata per il 15 gennaio prossimo, precisa: «Restiamo convinti che questa disposizione di giudizio troverà un ridimensionamento: trattandosi di un rinvio a giudizio, quella del giudice è una decisione che non entra nel merito delle responsabilità. Crediamo che la nostra tesi possa trovare accoglimento quando si affronterà la questione in fase dibattimentale».
carta.org

ROMA - La decisione del giudice per l'udienza preliminare ha lasciato "perplessa" Confindustria. La notte del 6 dicembre 2007 a Torino, nel drammatico incendio della Thyssen Krupp persero la vita sei operai: ieri il gup Francesco Gianfrotta ha stabilito che l'amministratore delegato del gruppo, Harald Espenhahn, dovrà rispondere di omicidio volontario con dolo eventuale. Altri cinque dirigenti e dipendenti della Thyssen sono stati rinviati a giudizio per omicidio colposo per colpa cosciente.

Il processo che si aprirà a gennaio riguarderà anche l'azienda nella veste di persona giuridica. E sarà la prima volta che ciò accadrà. Come sarà la prima volta che l'amministratore delegato di un'azienda risponderà all'accusa di omicidio volontario con dolo eventuale. Samy Gattegno è il presidente del Comitato tecnico di Confindustria sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Un organismo "nuovo", nato con la leadership di Emma Marcegaglia che ha ereditato il vertice dell'associazione pochi mesi dopo la tragedia di Torino e che ha sempre detto di voler fare della sicurezza uno dei temi portanti della "sua" Confindustria.

Presidente Gattegno, cosa pensa della decisione del gup di Torino?
"A dire il vero ne sono stupito e perplesso. Sono convinto che la magistratura, nella sua autonomia, saprà effettuare le giuste valutazioni sul caso e che la giustizia farà il suo corso, ma l'accusa di omicidio volontario mi sembra di una gravità eccessiva" (continua)

Ballarò o... Berlusconi show



Il presidente del Consiglio Berlusconi è intervenuto a sorpresa nella trasmissione Ballarò, annunciando che querelerà Antonio Di Pietro se quest’ultimo non lo denuncerà. Ma: a che serve denunciare il premier se non può essere giudicato, per via del Lodo Alfano?
E' stato un intervento per replicare alle affermazioni di alcuni ospiti presenti, come Guglielmo Epifani e Pierluigi Bersani, ma soprattutto per smentire le affermazioni di Antonio Di Pietro, che peraltro era assente ma lo aveva accusato di essere un corruttore e di avere tentato di portare dalla sua parte dapprima lo stesso ex pm (ai tempi del primo governo) e poi il candidato delle opposizioni alla presidenza della commissione di Vigilanza della Rai, Leoluca Orlando, e da ultimo il presidente Riccardo Villari che come Giuda si sarebbe venduto per trenta denari, secondo il leader dell'Idv. Inoltre, il premier ha dichiarato che l’opposizione è antidemocratica ed il povero Epifani è stato dichiarato dittatore e responsabile di aver suggerito alla sinistra di far fallire la trattativa Alitalia.
In ogni modo rimane un mistero l’incontro a Palazzo Grazioli tra lo stesso premier, alcuni ministri, la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia e i segretari di Cisl e Uil, che ha scatenato tante polemiche proprio per l’assenza della Cgil. “Si è fatto un incontro ma non a casa mia, e non per cena. Ero stato io stesso invitato". Ha dichiarato il premier.
Rimane poi da capire il perché non hanno voluto, sia maggioranza che opposizione, Leoluca Orlando alla presidenza della Rai. Forse perché avrebbe funzionato veramente?
Comunque, Pd e Pdl pare abbiano trovato un accordo sulla presidenza della commissione di Vigilanza Rai, il giovane Sergio Zavoli. L’Italia? "Non è un paese per giovani".