martedì 6 novembre 2007

Un Grande Italiano

Nato a Lizzano Belvedere (Bologna), il nove agosto del 1920, Enzo Biagi è morto all'età di 87 anni, dopo una vita spesa per la scrittura. Perché Biagi, uno tra gli ultimi, apparteneva a quella particolare categoria di giornalisti-scrittori, dei quali purtroppo nel corso degli anni si è persa traccia.
Sono tanti i libri scritti nel corso della sua lunga carriera, tradotti nei più importanti paesi del mondo.
Sarebbe quasi impossibile elencarli, tutti. Citiamo qualcuno alla rinfusa, da "Un anno, una vita" a "Lunga è la notte"; da "La bella vita" a "Cara Italia"; e poi "Sogni perduti", "Scusate dimenticavo", "Racconto di un secolo", "I" come Italiani", "Un giorno ancora", "Addio a questi mondi", "Giro del mondo" (trascrizione di un viaggio tra arte e letteratura condotto in otto puntate televisive con alcuni tra i grandi scrittori del Novecento), "Il Fatto" (Settecento puntate dopo l'edizione serale del Tg1), "Un giorno ancora"; e molti, molti altri. Tra questi, "L'albero dai fiori bianchi" riportava nel sottotitolo questa frase: "Non il bilancio di una vita, ma la riflessione di un uomo che non rinuncia a fare i conti con se stesso". Ecco, forse questa è l'immagine che meglio rappresenta la straordinaria personalità di Enzo Biagi, come uomo e come professionista.
Un uomo e un professionista che, negli ultimi anni, ha dovuto subire una serie di amarezze del tutto gratuite. Era il 18 aprile del 2002, infatti, quando il neo-presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, da Sofia, puntò il dito contro Daniele Luttazzi, Michele Santoro e lo stesso Enzo Biagi, per quello passato alla storia come "l'editto bulgaro". Da allora il giornalista non è comparso in Rai che pochissime volte. La prima a Che tempo che fa, il 22 maggio del 2005, durante la quale, in diretta, con gli occhi lucidi, disse davanti alle telecamere: "Rifarei tutto come prima". Qualche mese dopo, il 21 ottobre, tornò come ospite a "Primo piano" per raccontarsi: oltre due milioni gli italiani che lo seguirono.
Da vecchio partigiano, Enzo Biagi scelse la Resistenza come tema della prima puntata di RT - "Rotocalco televisivo", il programma realizzato in coproduzione con il Tg3, che dal 22 aprile su Raitre lo riportò sugli schermi della tv pubblica. "Buonasera, scusate se sono un po' commosso e, magari, si vede - disse aprendo la puntata -. C'è stato qualche inconveniente tecnico e l'intervallo è durato cinque anni".
Alla fine di quella puntata, il Cavaliere si congratulò pubblicamente con il conduttore, ammettendo di aver "forse" calcato la mano quando parlò di uso criminoso della tv pubblica. In "Lettera d'amore a una ragazza di una volta", il libro dedicato alla moglie, Biagi scrisse: "Cara Lucia penso che la mia vita si stata felice, ma il conto è arrivato tutto d'un colpo. Tu mi hai lasciato, Anna (la figlia ndr) è morta all'improvviso, e io sono stato calunniato e offeso nel mio lavoro".
Nel 2007, oltre alla pubblicazione in allegato al "Corriere della Sera" di undici suoi volumi sull'Italia del Novecento, i "Libri oro" Rcs hanno trovato spazio per un pamplhet dal titolo "Quello che non si doveva dire", dove sollecitato da Loris Mazzetti uno dei più grandi giornalisti italiani del XX secolo racconta il perché di cinque anni di epurazione e offre ai suoi lettori tutto quel materiale con il quale avrebbe realizzato le puntate de "Il fatto" non andate in onda. Nell'epilogo, Biagi costruisce con leggerezza un viaggio nel suo passato, prendendo come riferimento "per farmi capire meglio, alcune parole che nella mia vita hanno avuto un senso: coraggio, coerenza, umiltà, libertà, rispetto, giustizia, tolleranza, solidarietà".
Parafrasando Ungaretti, uno dei suoi ultimi aforismi, recitato dalla poltrona della camera di ospedale, Enzo Biagi ci ricordava che "si sta come le foglie su un albero in autunno". Insegnamento valido per ognuno di noi, in ogni momento della nostra vita.
Fonte: Aprileonline

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