
di G. Russo Spena - Capogruppo al Senato Prc-Se
Forse solo con il passar dei giorni ci renderemo pienamente conto del terremoto che ha investito il campo della politica. E non solo per quanto riguarda la ricollocazione, distruzione e ricostruzione delle forze politiche, se è vero, per citare due consistenti poteri sociali, che Montezemolo e Pezzotta pensano a un impegno politico diretto.
Certo, un sistema politico non si può cancellare con un tratto di penna e neppure con un "colpo di teatro", come l'improvvisa decisione di Berlusconi di sciogliere il suo partito azienda per costruirne un altro populista. E tuttavia il bipolarismo italiano è davvero finito. Gli eventi politici degli ultimi mesi decretano la bancarotta totale di una troppo lunga fase: l'infinita transizione italiana.
A questo esito, foriero di risultati importanti, abbiamo contribuito molto, come Rifondazione e come Sinistra unita, con un'accanita e attenta resistenza, al Senato ed in tutte le istituzioni. In questi mesi, nelle sedi parlamentari, non abbiamo cercato solo una "riduzione del danno", ma molto di più.
Oggi, poiché ne stiamo uscendo, possiamo guardare meglio, come il naufrago di mazziniana memoria, al cumulo di macerie che è alle nostre spalle. Per anni abbiamo assistito al tentativo di delegittimare, perfino sul piano etico e della coscienza di massa, il costituzionalismo democratico. Abbiamo visto crescere un autoritarismo strisciante ma inesorabile e svanire giorno dopo giorno la sostanza della rappresentanza democratica, assediata da un sistema maggioritario banale e scadente, che mortificava l'equità nella trasformazione dei voti in seggi. Abbiamo subito l'imposizione di "alleanze coatte e obbligate" che non solo hanno moltiplicato la frammentazione del quadro politico, ma hanno anche portato alla nascita, in Parlamento, di partiti privi di qualsiasi verifica elettorale. Partiti costruiti in laboratorio, che non devono rispondere ad alcuna base elettorale e per ciò stesso sono sempre a rischio di torsioni trasformistiche. Basta osservare a quali ricatti (perfino su temi di grandissimo spessore sociale, come le pensioni e la lotta alla precarietà) siamo sottoposti, in Senato, da parte di minuscoli gruppi di senatori che si dispongono sulla "frontiera centrista".
La fine di questo sistema, che ha comportato danni profondissimi anche in termini culturali e persino antropologici, che ha inciso a fondo sulla mentalità degli italiani, è oggi a portata di mano. E' un'occasione storica, ma che pone tutta la sinistra di fronte a un problema complesso, destinato anche a ridisegnare parzialmente il nostro agire politico. Dobbiamo adoperaci per tenere in piedi questo governo, imprimendogli una nuova spinta verso le politiche sociale, affinché recuperi consenso e, nello stesso tempo, sbloccare il sistema con l'obiettivo di raggiungere nel prossimo futuro una maggiore autonomia programmatica e nella scelta delle alleanze di governo.
Il nodo della legge elettorale è questo. Non si tratta di misurarsi su astratti modelli ingegneristici, ma di affrontare subito e senza ipocrisie diplomatiche il nocciolo politico della questione.
A questo esito, foriero di risultati importanti, abbiamo contribuito molto, come Rifondazione e come Sinistra unita, con un'accanita e attenta resistenza, al Senato ed in tutte le istituzioni. In questi mesi, nelle sedi parlamentari, non abbiamo cercato solo una "riduzione del danno", ma molto di più.
Oggi, poiché ne stiamo uscendo, possiamo guardare meglio, come il naufrago di mazziniana memoria, al cumulo di macerie che è alle nostre spalle. Per anni abbiamo assistito al tentativo di delegittimare, perfino sul piano etico e della coscienza di massa, il costituzionalismo democratico. Abbiamo visto crescere un autoritarismo strisciante ma inesorabile e svanire giorno dopo giorno la sostanza della rappresentanza democratica, assediata da un sistema maggioritario banale e scadente, che mortificava l'equità nella trasformazione dei voti in seggi. Abbiamo subito l'imposizione di "alleanze coatte e obbligate" che non solo hanno moltiplicato la frammentazione del quadro politico, ma hanno anche portato alla nascita, in Parlamento, di partiti privi di qualsiasi verifica elettorale. Partiti costruiti in laboratorio, che non devono rispondere ad alcuna base elettorale e per ciò stesso sono sempre a rischio di torsioni trasformistiche. Basta osservare a quali ricatti (perfino su temi di grandissimo spessore sociale, come le pensioni e la lotta alla precarietà) siamo sottoposti, in Senato, da parte di minuscoli gruppi di senatori che si dispongono sulla "frontiera centrista".
La fine di questo sistema, che ha comportato danni profondissimi anche in termini culturali e persino antropologici, che ha inciso a fondo sulla mentalità degli italiani, è oggi a portata di mano. E' un'occasione storica, ma che pone tutta la sinistra di fronte a un problema complesso, destinato anche a ridisegnare parzialmente il nostro agire politico. Dobbiamo adoperaci per tenere in piedi questo governo, imprimendogli una nuova spinta verso le politiche sociale, affinché recuperi consenso e, nello stesso tempo, sbloccare il sistema con l'obiettivo di raggiungere nel prossimo futuro una maggiore autonomia programmatica e nella scelta delle alleanze di governo.
Il nodo della legge elettorale è questo. Non si tratta di misurarsi su astratti modelli ingegneristici, ma di affrontare subito e senza ipocrisie diplomatiche il nocciolo politico della questione.
Continua
Fonte: Liberazione
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