giovedì 9 ottobre 2008

Via l'emendamento salva-manager. Grazie a M. Gabanelli

Nel decreto Alitalia approvato dal Senato era presente una norma che avrebbe rischiato di vanificare i processi per i crack Parmalat e Cirio. Dopo l'ultimatum di Tremonti ("o va via l'emendamento o il ministro"), il governo fa retromarcia. Pd e Idv attaccano: siamo sempre stati contrari e il responsabile economico arriva troppo tardi

O me o la norma salva-manager. E' un ultimatum quello che il ministro dell'Economia ha posto questa mattina al governo nel corso dell'informativa sulle misure che intende mettere in campo per rispondere alla crisi che sta scuotendo la finanza mondiale. Un ultimatum che appare obbligato dalla strada intrapresa da via XX settembre, per garantirne un minimo di coerenza. Tremonti ha infatti indicato la rotta che vuole seguire, quella di sostegno verso gli istituti di credito in difficoltà, ma senza fare sconti ai dirigenti che hanno sbagliato. Proprio per questo, non poteva tollerare la presenza nel decreto Alitalia della norma che rischiava di ridurre ad un nulla di fatto i più importanti processi di crack finanziario verificatisi nel nostro paese: da Parmalat a Cirio, coinvolgendo nomi illustri che avrebbero potuto godere dell'impunità come Tanzi, Geronzi, Cragnotti. A scanso di equivoci, il ministro lo ha ribadito prima alla Camera e poi al Senato, senza dare alternative: "Se si immagina che la linea del governo sia quella prevista da un emendamento che prevede una riduzione della soglia penale per alcune attività di amministratori, si sbaglia", ha detto, indicando il provvedimento in questione come "fuori dalla logica di questo governo" e imponendo l'aut aut, per cui "o va via l'emendamento o va via il ministro dell'Economia"

Il caso è stato sollevato dalla trasmissione di RaiTre Report (che manderà in onda l'inchiesta domenica sera) ed è stato rilanciato oggi dalle colonne de La Repubblica. Al centro della questione, la presenza all'interno del decreto per il salvataggio di Alitalia, approvato lo scorso primo ottobre al Senato, di un emendamento (7bis) che restringe il campo di applicazione delle disposizioni penali in materia di fallimento in caso di dichiarazione di insolvenza. Recita la norma: "Le dichiarazioni dello stato di insolvenza sono equiparate alle dichiarazioni di fallimento solo nell'ipotesi in cui intervenga una conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento, in corso o al termine della procedura, ovvero nell'ipotesi di accertata falsità dei documenti posti a base dell'amministrazione alla procedura". Quel "solo" fa temere che i casi di cattiva amministrazione aziendale -finiti in dissesti finanziaria che hanno fatto tremare i polsi di tantissimi risparmiatori e sconvolto le loro vite- possano incamminarsi sul binario morto dell'ingiustizia: reati come bancarotta, bancarotta fraudolenta o ricorso abusivo al credito sarebbero applicabili solo se la compagnia fallisce o nell'ipotesi di accertata falsità dei documenti da essa presentati. Non è un caso che oggi, dopo l'avvertimento del ministro, fonti governative facciano infatti sapere che l'emendamento sarà ritirato alla Camera la prossima settimana, quando il 14 ottobre l'Aula di Montecitorio valuterà le pregiudiziali di costituzionalità.

Condivide le dichiarazioni di Tremonti, ma al contempo si augura che "quando presenteremo l'emendamento per abrogare questa norma, al Senato vi possa essere il consenso di un parte della maggioranza, forse non tutta, anche perché qualcuno questa norma deve averla proposta", ha commentato con una vena polemica il leader del PD Veltroni. Maggiormente caustico con l'esecutivo e con il ministro è stato il capo del Idv Di Pietro: "Dopo essere stato scoperto con le mani nella marmellata", ha affermato l'ex pm riferendosi a Tremonti, "ora dice che la norma salva manager sarà cancellata, ma si tratta solo di lacrime di coccodrillo". Dello stesso avviso anche il ministro ombra Bersani, che suggerisce che a lasciare l'incarico non sia solo l'inquilino di via XX settembre, bensì "tutta la maggioranza che ha proposto e votato una norma del genere". Come ha spiegato il senatore democratico Casson, infatti, "l'emendamento è stato introdotto al Senato all'ultimo momento, con un blitz, ad opera dei suoi due relatori". Trattasi di Angelo Maria Cicolani e Antonio Paravia (Pdl), che lo hanno presentato direttamente a Palazzo Madama senza passare per gli altri organi, incassando l'approvazione della maggioranza e dell'esecutivo. Ci tiene a precisare Casson, membro della Commissione Giustizia di Palazzo Madama, che sulla partita i democratici si sono opposti senza ambiguità: "l'emendamento salva-manager, pur essendo stato presentato in Aula in modo improvviso, ha visto la contrarietà del Pd, così come avvenuto rispetto a tutto il decreto Alitalia in cui esso rientrava". Inoltre, nella stessa Commissione Giustizia, il partito di Veltroni si è attestato sulla linea della fermezza contrastando ogni tentativo di "norme di privilegio ad personam". Spiega infatti l'ex pm che in Commissione non é mai stato presentato, discusso o votato l'emendamento salva-manager, ma ha fatto comunque capolino "un pacchetto di norme per l'esclusione di responsabilità di amministratori, sindaci, dirigenti d'azienda: il cosiddetto articolo 3", verso cui "il Pd ha votato contro senza tentennamenti".

L'opposizione dunque rivendica la propria coerenza avendo sempre espresso parere negativo rispetto a quella che Zanda, vicepresidente dei senatori democratici, ha definito una vera e propria "amnistia". Più in difficoltà la maggioranza, che oggi scarica i due relatori del provvedimento e si dice fermamente convita della necessità di una retromarcia (da Sacconi a Bocchino, passando per Baldassarri, per finire col ministro Scajola, che assicura "si tornerà al testo originario" che "limitava allo specifico caso Alitalia le garanzie", mentre Berlusconi se la cava con un "io non ne sapevo niente"). I diretti interessanti si sono comunque difesi sostenendo che l'emendamento non era mirato a garantire l'impunità di nessuno speculatore finanziario, bensì "a tutelare le difficili scelte da parte dei commissari, operate in momenti oggettivamente straordinari, come ad esempio nel caso di Fantozzi (commissario straordinario Alitalia, ndr)". Inoltre, sostengono, "la norma esclude dalla sua applicabilità i casi di accertata falsità dei documenti posti a base della procedura" ovvero "non si applica ai casi citati da affrettate dichiarazioni di alcuni dirigenti politici ed alcuni organi di informazione". Dunque superata l'emergenza della compagnia di bandiera, la strada per un dietrofront appare possibile: "Qualora nel corso dell'iter alla Camera si riesca a trovare formulazioni in grado di migliorare il provvedimento", dicono Cicolani e Paravia, "l'intero Senato ne prenderà atto con favore e noi per primi"

aprileonline.info

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