E non solo: il presidente del Consiglio sottolinea come siano da chiarire le competenze relative ai decreti legge: «Credo che la responsabilità di un giudizio sulla necessità e l'urgenza di un provvedimento spetti al governo e che il giudizio di questo fatto sia da attribuire al parlamento che esamina l'esistenza dei requisiti nella prima commissione (Affari costituzionali n.d.r.) come primo atto». A chi spetta questo chiarimento? Alla Corte costituziuonale? Berlusconi non risponde serrandosi con la mano le labbra. «Andremo a fare delle riforme - aggiunge però - e può darsi che andremo anche a chiarire il dettato della Carta costituzionale».
Il Cavaliere sottolinea come senza decreti legge i provvedimenti si perdano nei «meandri del Parlamento» e cita come esempio un provvedimento del ministero delle Pari opportunità. Quanto ai regolamenti parlamentari aggiunge «sono antiquati». Come potrà avvenire questo chiarimento: «Adesso ci riflettiamo - risponde il premier e vedremo se dovremo arrivare a quelle riforme della Carta costituzionale che sono necessarie».
Nel giro di 48 ore, usando come spunto una vicenda di povere anime, ha attaccato alla gola le principali istituzioni repubblicane: l’indipendenza e sovranità della magistratura, il ruolo di garanzia della presidenza della repubblica e, infine, la costituzione, rea, a suo dire, di essere stata ispirata a quella dell’Unione Sovietica. In pratica il presidente continua ad agitare il cadavere putrefatto di uno spauracchio la cui morte è stata certificata più di dieci anni fa senza che nessuno gli scoppi a ridere in faccia.
In questa azione di lucido delirio, il cui fine a questo punto potrebbe essere una revisione globale della costituzione, la restaurazione della monarchia e l’inizio di una dinastia designando come successore Piersilvio, il Reggente non è solo.
Da una parte c’è il nutrito stuolo di pallidi servi di cui si è circondato. Gente la cui mancanza di spina dorsale e lo stomaco mostruosamente dilatato ha imposto, nella vita, il ruolo di tappeto accondiscendente, dall’altra dalla prodigiosa ed intelligente informazione italiana che continua a tener mischiate nella stessa casseruola due cose mostruosamente diverse: una questione etica dolorosissima e l’ansia patologica di affermazione di un uomo i cui problemi di accettazione di se stesso sono diventati il fulcro della recente storia politica italiana.
Mi rendo perfettamente conto che per i media italiani abituati a rimpinzare i pomeriggi televisivi con storie lacrimosissime e le serate del sabato sera con commoventi ricongiunzioni familiari, una tragedia vera ed immensa come quella alla quale è stata condannata la famiglia Englaro appare come un’enorme torta di cioccolato e panna, ma la disinformazione operata ponendola in congiunzione con gli oscuri piani del vecchio tesserato P2 è un atto di colpevole complicità.
A questo punto è palese che se si vuole difendere il residuo di democrazia che rimane in Italia bisogna reimpossesarsi della costituzione e farla vivere nuovamente. Ribellarsi in maniera civile e non violenta allo scippo di diritti del quale siamo stati tutti vittima partendo dal diritto di voto, decapitato con l’abolizione delle preferenze, e passando poi al diritto alla dignità del lavoro che con l’istituzionalizzazione del cottimo passato per flessibilità ha esposto milioni di italiani al ricatto micidiale della povertà e dell’incertezza. Due diritti fortemente garantiti dalla nostra costituzione sovietica. E ci credo che a Silvio Ceronettinon piaccia.
Aldilà di ogni se e di ogni ma, io credo che sia giunto il momento di appoggiare in ogni modo le formazioni politiche che pongano chiaramente questi due problemi al centro della loro azione diffidando di chi fa politica a base di camomilla e biscottini alla farina di riso e di chi cavalca l’onda dell’indignazione popolare per proporre fumose politiche populiste.
mentecritica.net
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