Nelle lettere dei familiari il dolore ed il ricordo delle sette vittime del rogo
Massimo Numa
All’1,15 del 6 dicembre 2007 scatta l’allarme per un incendio, alle linea 5 dell’acciaieria
Thyssen-Krupp. Sette operai, ustionati, muoiono in ospedale, nell’arco di un mese. E’ passato un anno, ma il dolore dei familiari è sempre lo stesso. Furono attimi terribili. Tra i primi ad arrivare, anche due poliziotti del 113, l’ispettore capo Massimo Galasso e l’agente Pietro Di Costa. «Non potrò mai dimenticare - racconta oggi l’ispettore - quella terribile e atroce scena, i vigili del fuoco, la gente del 118, i colleghi dei feriti, noi che cercavamo di aiutare quei poveretti come si poteva, non sapevamo se le lacrime che ci scendevano sul volto erano per il fumo ancora acre o per la commozione».
Le mogli, i figli, i genitori, i familiari, adesso, mentre l’anniversario si avvicina, non vogliono parlare di processi o di polemiche. Chiusi nel loro lutto, quasi spaventati dal clima delle feste imminenti. Nei loro ricordi, molto semplici, nati di getto, senza pensarci su, compaiono alcuni aspetti simili, stranamente condivisi da tutti. Le ultime immagini delle vittime della Thyssen raccontano di uomini «vestiti con le tute da lavoro», impressi nelle memorie di tutti mentre stavano per lasciare le loro case per raggiungere la fabbrica. Ci restano i loro sorrisi, nelle foto e nei ricordi. Quelli non li dimenticheremo mai.
Nel mio cuore non c'è più posto per il Natale
Grazia Rodino, mamma di Rosario. 26 anniMassimo Numa
All’1,15 del 6 dicembre 2007 scatta l’allarme per un incendio, alle linea 5 dell’acciaieria
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Le mogli, i figli, i genitori, i familiari, adesso, mentre l’anniversario si avvicina, non vogliono parlare di processi o di polemiche. Chiusi nel loro lutto, quasi spaventati dal clima delle feste imminenti. Nei loro ricordi, molto semplici, nati di getto, senza pensarci su, compaiono alcuni aspetti simili, stranamente condivisi da tutti. Le ultime immagini delle vittime della Thyssen raccontano di uomini «vestiti con le tute da lavoro», impressi nelle memorie di tutti mentre stavano per lasciare le loro case per raggiungere la fabbrica. Ci restano i loro sorrisi, nelle foto e nei ricordi. Quelli non li dimenticheremo mai.
Nel mio cuore non c'è più posto per il Natale
Rosario, figlio mio.
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A noi sapevi stare vicini, ci davi e ci dai ancora forza. A me e a tutti i tuoi familiari che ti hanno sempre nella memoria. Il fatto che tutto sia successo un anno fa, mi riempie ancora di più d'angoscia, il Natale che sta arrivando mi fa precipitare ancora di più nello sconforto. Nel mio cuore di mamma non c'è posto per la festa, senza di te mai più.
I tuoi gesti quotidiani non mi lasceranno mai
Immacolata Schiavone, moglie di Antonio. 36 anni
Penso davvero
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Il legame che ci univa non s’è spezzato e oggi è eguale a ieri.
Molto spesso ho la sensazione che la nostre vite si siano fermate in quell’attimo, quando c’è stato l’incendio. Ma la memoria, spesso, si concentra su pochi frammenti della nostra vita passata. Non è facile, rievocare tutte le sequenze di una vita in comune, quando tutto scorreva normale, senza traumi, con le solite preoccupazioni.
Non so perché, ma quando penso alle tue ultime immagini, ti ricordo quasi sempre pronto per andare nella fonderia, ecco il mio Antonio che va in fabbrica e che ritorna, secondo un ritmo che allora sembrava non dovesse finire ma che un giorno invece s’è interrotto, lasciandomi sola, prigioniera di questo lutto che non ha un perché e che non avrà mai fine.
Gli stessi gesti, ripetuti chissà quante volte; ho vissuto di questo, nei mesi che sono trascorsi uno dopo l’altro, tu per me non è come se fossi vivo. Sei vivo.
Non dimenticherò mai il tuo sorriso buono
Calogero De Masi, papà di Pino. 26 anni
Mio figlio Pino era
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Roberto, sei il cielo dei bimbi
Egle Scola, moglie di Roberto. 32 anni
Non ho le parole,
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Lotto, ma non c'è pace
Sabrina Laurino, moglie di Angelo. 43 anni
Io sto male, e questo anniversario, se mai, sottolinea il peso che
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Da allora vado spesso davanti alla fabbrica, mi fermo davanti ai cancelli e rivivo quegli istanti come in un film, lo vedo di nuovo entrare e aspetto che il turno finisca per dirgli, “dai vieni a casa”. Qualcuno pensa che sia diventata matta, ma non è così. No, la pace non c'è, non l'ho trovata mai, dopo questi mesi. Un anno è passato, un altro passerà e quanti altri ancora. Dovrò lottare sempre.
Mi hanno rubato ogni cosa
Rosetta Marzo, moglie di Rocco. 54 anni
Un anno è passato.
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Io me lo sogno ogni notte. Quando è morto, dopo dieci giorni di terribile agonia, mi è comparso: "Rosi, io ce l'ho messa tutta, ho combattuto tanto per tornare". E’ vero. Non l'ho voluto vedere, né io, né i miei figli, non l'ho potuto vestire, accarezzare. Dopo sei giorni la caposala ha avuto pietà e ha sollevato il lenzuolo, era rinchiuso in una culla termica, e gli ho baciato i piedi. E' l'ultimo contatto che ho avuto con lui. Noi lo vogliamo ricordare con il suo sorriso, con la sua decisione di affrontare la vita con uno spirito sempre ottimista. Era consapevole dell’atrocità di quella morte, me ne aveva parlato quando altre persone avevano fatto la stessa fine: "Rosi, è la sorte peggiore”. No, per me non ci sono feste, non c'è gioia. Ho fede, l'ho conservata, è importante averla. Rocco è con me, sempre, ogni istante.
Ti sento sempre con me
Rosa Santino, mamma di Bruno. 26 anni
E' passato un anno
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Non è vero che te ne sei andato. Per me è come se tu fossi qui, con te parlo e tu mi rispondi, ti sento con me. Noi ti amiamo e questo spiega tutto. Sei un figlio che tutte le mamme sognano di avere. La mia vita senza di te è una sequenza di giorni e di mesi di dolore, di quel dolore che solo una mamma che ha perso un figlio può capire.
tratto da
Legami D'Acciaio
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