giovedì 25 dicembre 2008

Auguri...


DI GIORGIO GABER E SANDRO LUPORINI

Ora basta con la finzione. Io ho 50 anni siamo in pieno 2000 e mi domando che eredità stiamo lasciando ai nostri figli? Forse in alcuni casi un normale benessere, ma non è questo il punto...
Voglio dire c’è un’ idea, un sentimento, una morale, una visione del mondo?
No, tutto questo non lo vedo. Allora ci saranno senz'altro delle colpe.
Si, il coro della tragedia greca: “... I figli devono espiare le colpe dei padri”. Siamo forse noi i padri insensibili, autoritari, legislatori di stupide istituzioni? Credo di no. Allora dove sono le nostre colpe? E che è troppo facile per noi essere pacifisti, antiautoritari e democratici. I nostri nonni hanno fatto la Resistenza... forse... avremmo dovuto farla anche noi... la Resistenza. E’ sempre tempo di resistenza... magari ad altre cose. Allora perché invece di esibire il nostro atteggiamento libertario non abbiamo dato lo sguardo all’avanzare dello sviluppo insensato?

Perché invece di parlare di buoni e di cattivi non abbiamo alzato un muro contro la mano invisibile e spudorata del mercato?
Perché avvertiamo l’appiattimento del consumo ma continuiamo a comprare motorini ai nostri figli?
Perché non ci siamo mai ribellati alla violenza dell’oggetto? Perché non abbiamo mai preso in considerazione parole come essenzialità. Il Mercato... ci ringrazia. Gli abbiamo dato il nostro prezioso contributo.
E voi, ... sì ...voi come figli...
Voi venticinquenni di ora, non avete neanche una colpa?
Dove è il segno di una vita diversa? Forse sono io che non lo vedo
Ma rispondetemi, dove è la spinta verso qualcosa che sta per rinascere?
Dove è la vostra individuazione del nemico?
Quale resistenza avete fatto contro il potere, contro le ideologie dominanti, contro la logica del consumo, contro il dilagare del superfluo?... Il Mercato ringrazia anche voi.

D’accordo non posso essere io a lanciare ingiurie contro la vostra impotenza, c'ho da pensare alla mia
Però spiegatemi perché vi abbandonate ad un’inerzia così silenziosa e passiva?
Perché vi rassegnate a questa vita mediocre, senza l’ombra di un desiderio vero, di uno slancio, di una proposta qualsiasi?
Vitale, rigorosa, qualcosa che possa esprimere almeno un rifiuto, un’indignazione... un dolore.
Perché il dolore ti aiuta a crescere, il dolore è visibile... chiaro... localizzato.
Ma quale dolore? Ormai non sappiamo neanche più cos’è... Il dolore... siamo caduti in una specie di noia, di depressione
... certo il marchio dell’epoca, la malattia dell’epoca.
E quando la depressione s’insinua dentro di noi... tutto sembra privo di significato...s enza sostanza... senza nulla.
Salvo questo nulla... non identificabile... che ci corrode.

Giorgio Gaber e Sandro Luporini

giovedì 18 dicembre 2008

Ipse dixit

Io: più a destra di Fini"
"Di Pietro ha stretto il Pd in un abbraccio mortale". E' uno dei passaggi di Silvio Berlusconi ai senatori del Pdl durante il consueto brindisi di auguri. Il premier si e' soffermato a lungo sulla crisi finanziaria, ha ringraziato tutti gli esponenti del partito per il lavoro a Palazzo Madama e ha sottolineato soprattutto la vittoria di Chiodi in Abruzzo. "Anche quelli di An mi hanno acclamato, hanno capito che io sono piu' a destra di Fini...". Ha scherzato il Cavaliere.

Il capitale non conta niente, siamo al comunismo
Berlusconi sollecita a reagire alla recessione internazionale. Ma critica la Fed, la banca centrale statunitense, per aver portato il tasso d'interesse sul denaro in prossimità dello zero. "In questo momento il capitale non conta niente, siamo al comunismo", il presidente del Consiglio si fa una risata e parla alla conferenza degli ambasciatori alla Fernesina. "E' un paradosso. Il capitale - osserva - soffre l'inflazione e non ha nessuna possibilità di rendimento". Il capitale "va investito nelle aziende" e non depositato nelle banche.

Pronta la riforma della giustizia. Le intecettazioni: solo per mafia e terrorismo
"Abbiamo pronta una riforma della giustizia penale nella direzione auspicata da tutti gli italiani", afferma Silvio Berlusconi. Il giorno dopo la bufera giudiziaria che travolge la giunta di Napoli il premier rivendica il 'garantismo' del centrodestra. Quanto alle intercettazioni: "Saranno concesse solo per reati di terrorismo internazionale e di mafia, delitti con pene dai 15 anni in su".

mercoledì 17 dicembre 2008

Il Parlamento europeo respinge la proposta della settimana di lavoro fino a 65 ore


Il Parlamento europeo ha respinto in seconda lettura la proposta di portare la settimana di lavoro nell'Ue fino a 65 ore. Tutti gli emendamenti della Commissione lavoro sono stati approvati. Quello determinante, passato con 421 si', 273 no e 11 astensioni, stabilisce che l'orario settimanale e' di 48 ore e concede tre anni agli Stati Ue per derogarvi arrivando alle 65 ore settimanali, di fatto eliminando la possibilita' di 'opt out' al termine del periodo transitorio.
canisciolti.info

martedì 16 dicembre 2008

Prime considerazioni sulle elezioni in Abruzzo

Sull’Abruzzo non c’è pace:è circa mezzanotte e stiamo ancora cercando di districarci tra i dati che arrivano dalle prefetture, quando apprendiamo che Luciano D’Alfonso, sindaco di Pescara e segretario Regionale del PD è stato arrestato con l’accusa di concussione. Credo che questo episodio, più di ogni altra considerazione, illumini efficacemente le ragioni della sconfitta elettorale
del centrosinistra e della bassa affluenza degli elettori alle urne. Ormai la mancanza di etica nella gestione delle risorse pubbliche e la scarsa trasparenza dei rapporti tra amministratori e imprenditori ha prodottouna vera e propria crisi della democrazia rappresentativa; gli elettori non si fidano più di nessuno e non riconoscono differenze sostanziali tra i vari schieramenti. Così accade che in Abruzzo voti poco più del 50% degli aventi diritto il che comporta che il Presidente della coalizione di centro destra , che ha vinto con il 48% dei voti validi, governerà con il consenso di solo un quarto della popolazione. La questione morale trascina con sé una questione democratica sulla quale occorrerebbe riflettere se si vuole proporre un’alternativa di cambiamento che solleciti la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche.
Mentre scrivo i dati elettorali non sono ancora completi ma emergono già alcune tendenze chiare: la coalizione di centro destra vince con un distacco consistente( 5-7 punti) grazie a due liste locali, il Movimento per le autonomie e Rialzati Abruzzo che in provincia dell’Aquila hanno rispettivamente il 10 e l’11%. Il PD ha un vero tracollo perdendo circa 13 punti rispetto alle recenti elezioni politiche; l’IDV oscilla intorno al 14% e nella città dell’Aquila è il primo partito del centrosinistra con qualche voto in più del PD e una percentuale del 18%. La nostra lista “la Sinistra” si attesta regionalmente al 2,4%, il che dovrebbe permetterci di eleggere un consigliere regionale; insieme con Rifondazione(2,8) e il Pdci( 1,9) le forze che avevano dato vita all’arcobaleno si attestano attorno al 7%. Per analizzare questi dati nel dettaglio sarà necessario aspettare domani, avendo i dati definitivi, ma intanto è già possibile fare alcune considerazioni:
-- noi esistiamo, siamo una piccola forza che comincia a radicarsi nel territorio.
-- non siamo in grado tuttavia di intercettare il desiderio di cambiamento degli elettori che guardano con più fiducia all’IDV.
-- il PD perde consenso e noi dobbiamo definire meglio cosa significa “nuovo centro sinistra” anche alla luce delle vicende giudiziarie che hanno coinvolto il maggior partito della coalizione.
Di questo e di altro dovremo cominciare a ragionare da domani, quando saranno più chiari i rapporti numerici all’interno della neoeletta assemblea regionale e gli spazi per un’opposizione ferma sia alle politiche di privatizzazione della sanità, annunciate in campagna elettorale, sia all’insediamento di produzioni altamente inquinanti come risposta alla crisi occupazionale.
dal portale nazionale di Sd

lunedì 15 dicembre 2008

Intervento di Mimmo Saponaro all'assemblea nazionale dell'Associazione per la Sinistra

Grazie ai Compagni di Alliste per la realizzazione del video

Comunicato stampa sugli scontri tra forze dell'ordine e studenti presso l’Università del Salento durante l'inaugurazione dell'a.a.

La Federazione provinciale di Lecce della Sinistra Democratica esprime piena solidarietà agli studenti salentini, cui oggi è stato impedito di manifestare liberamente e pacificamente il loro pensiero durante l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università del Salento.

Condividiamo totalmente la preoccupazione degli studenti riguardo al futuro dell’Ateneo salentino che rischia il collasso finanziario a seguito dei tagli previsti dal governo.

Quello che più ci rammarica è che le istituzioni continuano a praticare il loro sport preferito: quello del rimbalzo di responsabilità con il Magnifico Rettore e il Questore di Lecce che dichiarano di non essere in alcuno modo responsabili della violenta reazione che le forze dell’ordine hanno avuto nei confronti dei manifestanti, i quali intendevano solo esporre uno striscione in fondo alla sala dove si teneva la cerimonia.

Chiediamo che si faccia luce sull’accaduto e che siano rintracciate le responsabilità perché anche questo avvenimento non resti una pagina nera che ha impedito il diritto costituzionale di libera manifestazione del pensiero.

Mimmo Saponaro
Coordinatore provinciale SD del Salento

venerdì 12 dicembre 2008

Per la Sinistra. Diretta dalle 13 alle 18 di sabato, 13 dicembre

Social card. Dal welfare alla carità

Scoprire che esiste la povertà è importante e cercare di arginarla è fondamentale. Ma, come ci sono modi diversi di spiegare l’indigenza, ci sono metodologie di intervento politiche diverse, sia pure all’interno di uno stesso sistema che stenograficamente si può definire capitalistico.
Figlio della filosofia del Welfare, questo sistema potrebbe cercare di rafforzare i meccanismi di uno Stato sociale attraverso apposite politiche pubbliche di ridefinizione strutturale della ricchezza a favore dei meno abbienti. Oppure, in opposizione a tale filosofia e perseguendo l’ideologia liberistica, può pensare di attenuare (non certo di risolvere) il problema, smantellando tutto ciò che rimane del Welfare e santificando, con la leggerezza dell’elemosina, l’esistenza della povertà, o meglio dei poveri.
La prima ipotesi prefigura, infatti, una prospettiva di manovra contro la povertà; la seconda, invero, ne prospetta una contro i poveri. Alla prima si possono annoverare anche gli studi di analisi delle politiche pubbliche sviluppatisi in America negli anni ’60 per seguire l’esito di vari programmi di politica sociale (appunto gli antipoverty programs), mentre alla seconda si può abbinare l’azione del governo italiano in carica che scopre la povertà.
Infatti il bonus alle famiglie e soprattutto la social card rappresentano forme minimali di una caritas che tende a legittimare poi tutto il resto, indicando in maniera quanto mai etichettante la fascia più povera della popolazione, in una sorta di teoria del labelling che sappiamo quanta “fortuna” abbia avuto in criminologia e nella sociologia della devianza.
Definita in vario modo, la social card, oltre a ricordare qualcosa che pensavamo tramontato nell’oblio di un torbido passato, è stata efficacemente definita da C. Saraceno come un “embrione di reddito minimo”, anche se non si capisce perché venga limitata solamente agli anziani e alle famiglie con bambini al di sotto dei tre anni, perché certo non sono gli unici ad aver bisogno di un aiuto economico. Altra cosa sarebbe una politica capace di garantire un reddito minimo per i bisognosi, nonché una indennità di disoccupazione e se la social card, carente come si è visto, nel metodo e nel merito, esiste in altri Paesi, bisogna pur sempre ricordare che nell’Europa a 15 solo l’Italia e la Grecia non prevedono l’indennità di disoccupazione.
Ancora una volta le risorse maggiori vengono destinate altrove e l’elemosina istituzionalizzata non fa altro che contribuire al martellamento continuo sul nostro Welfare. Le politiche pubbliche tendevano attraverso il diritto uguale a smussare le disuguaglianze e a creare uguaglianze sostanziali. La social card, invece, stressa le disuguaglianze, le etichetta, le ipostatizza. Essa vuole diventare strumento di implosione dei conflitti e garanzia di controllo sociale così come era nella vecchia impostazione delle poor laws inglesi di ottocentesca memoria.
Perciò senza uguaglianza, come ha recentemente detto G. Zagrebelsky, la società diventa gerarchia e i diritti cambiano natura: “per coloro che stanno in alto, diventano privilegi e, per quelli che stanno in basso, concessioni o carità”.

giovedì 11 dicembre 2008

Assemblea nazionale per la Sinistra. Le primarie delle idee

Il 13 dicembre non sarà solo una festa. Ne abbiamo fatte tante, di feste: servono a star bene insieme, a contare le facce conosciute, a mettere in fila un po’ di bei discorsi, a mostrare i muscoli. E a ritrovarsi confusi e svuotati il giorno successivo.
Il 13 dicembre sarà una scelta. Convinta e impegnativa. La scelta di aprire questo processo costituente al paese, di sottrarlo alle prudenze dei gruppi dirigenti, di incarnarlo nelle passioni e nella generosità di chi sente tutta l’urgenza di una nuova sinistra in Italia.
Non staremo qui a dirci ancora una volta quanto “nuova” debba essere questa sinistra: abbiamo impegnato quattro mesi, dall’assemblea di Cianciano in poi, a ragionare sull’eredità che le culture politiche del secolo scorso ci hanno lasciato. Ci siamo detti cento volte che quell’eredità non va congelata né rifiutata ma rielaborata, impastata con una lingua diversa, arricchita con pratiche finalmente democratiche, finalmente inclusive. Abbiamo parlato delle troppe liturgie e dell’urgenza di abbandonarle. Abbiamo compreso che questo progetto non riuscirà a sommare tutta l’attuale sinistra (difficile tenere insieme chi si sente comunista dentro, e chi invece festeggia ogni giorno l’orgoglio comunista…), ma che oggi la virtù politica essenziale, più che l’unità ad ogni costo, è la coerenza: ovvero la capacità di utilizzare lo stesso alfabeto, di condividere la stessa ricerca, di affrontare lo stesso mare.
La sinistra italiana che nascerà il 13 dicembre sarà il racconto di questo tempo e di questo paese. Ma ne sarà anche il rimedio. Una sinistra del fare, più che dell’affermare. Questo ci siamo detti: e ce lo siamo detti a lungo. Adesso dobbiamo cedere ad altri la parola, lasciare che essa venga raccolta da chi questa nuova sinistra la sta già fabbricando nella pratica politica quotidiana, nel lavoro sui territori, dentro le amministrazioni, nei tempi serrati delle cento assemblee che abbiamo già svolto.
Cosa sarà e “quando” sarà questa nuova sinistra italiana? E’ ciò che cominceremo a decidere insieme tra due settimane. Posso solo dirvi cosa non dovrà essere: né un circolo di cultura, né un repertorio di tatticismi o di parole reticenti. Perché questo progetto decolli, perché diventi subito pane quotidiano e sfida elettorale in Italia e in Europa, occorre molta generosità. E poco politicismo. Esattamente l’opposto di ciò che è accaduto ad aprile.
Claudio Fava, coordinatore nazionale Sd

martedì 9 dicembre 2008

60° dalla Dichiarazione universale dei Diritti Umani. Dai Diritti ai fatti

Non ci sarà rito più bugiardo di questo sessantesimo anniversario sulla dichiarazione universale dei diritti umani, se tutto si risolverà in una accademica celebrazione. I diritti fondamentali meritano fatti, indignazione, proposta, denuncia, militanza, fatica, rabbia, passione, mestiere... Tutto tranne che una passerella di nomi probi e giusti, di parole accorate, di impegni solenni.

Non celebrano nulla le migliaia di persone ostaggio della guerra in Congo, nel Darfur, a Gaza. Non celebrano nulla i milioni di nuovi poveri che la crisi finanziaria ha messo in ginocchio in tutto il pianeta. Non celebrano nulla i morti del terrorismo e le vittime delle risposte scellerate che i nostri governi hanno inventato per combattere il terrorismo... Insomma, parlare di diritti umani oggi vuol dire rimboccarsi le maniche. Rimettere in fila molti diritti smarriti, riaffermarne di nuovi, ricostruire una centralità della dignità umana sulla quale si sono abbattute in questi anni troppe eccezioni, troppe scorciatoie, troppi silenzi.
I diritti - diritti nudi, concreti, senza aggettivi - sono l'unica risposta alla politica della paura, alle guerre dei penultimi contro gli ultimi, all'idea d'un tempo in cui occorre separare, mai condividere. Quei diritti, pensati in un tempo in cui sembravano immuni da ogni minaccia, oggi sono un terreno di conflitto politico e sociale, una trincea di conquistare e difendere contro le tentazione del senso comune. Ecco l'impegno, ecco la fatica. Ecco soprattutto una buon'azione da sinistra, un modo efficace per uscire dalle nostre stanze. Per tornare a parlare al paese reale.

tratto da sinistra-democratica.it

domenica 7 dicembre 2008

Grazie a tutti e a tutte, Compagn*


sabato 6 dicembre 2008

Rogo Thyssen. Un anno e milletré morti dopo...

Nelle lettere dei familiari il dolore ed il ricordo delle sette vittime del rogo
Massimo Numa

All’1,15 del 6 dicembre 2007 scatta l’allarme per un incendio, alle linea 5 dell’acciaieria Thyssen-Krupp. Sette operai, ustionati, muoiono in ospedale, nell’arco di un mese. E’ passato un anno, ma il dolore dei familiari è sempre lo stesso. Furono attimi terribili. Tra i primi ad arrivare, anche due poliziotti del 113, l’ispettore capo Massimo Galasso e l’agente Pietro Di Costa. «Non potrò mai dimenticare - racconta oggi l’ispettore - quella terribile e atroce scena, i vigili del fuoco, la gente del 118, i colleghi dei feriti, noi che cercavamo di aiutare quei poveretti come si poteva, non sapevamo se le lacrime che ci scendevano sul volto erano per il fumo ancora acre o per la commozione».

Le mogli, i figli, i genitori, i familiari, adesso, mentre l’anniversario si avvicina, non vogliono parlare di processi o di polemiche. Chiusi nel loro lutto, quasi spaventati dal clima delle feste imminenti. Nei loro ricordi, molto semplici, nati di getto, senza pensarci su, compaiono alcuni aspetti simili, stranamente condivisi da tutti. Le ultime immagini delle vittime della Thyssen raccontano di uomini «vestiti con le tute da lavoro», impressi nelle memorie di tutti mentre stavano per lasciare le loro case per raggiungere la fabbrica. Ci restano i loro sorrisi, nelle foto e nei ricordi. Quelli non li dimenticheremo mai.

Nel mio cuore non c'è più posto per il Natale
Grazia Rodino, mamma di Rosario. 26 anni

Rosario, figlio mio. Ascolto ancora la tua voce, ti rivedo, come se fosse oggi, adesso, mentre mi racconti che ti hanno cambiato il turno...da due settimane, non eri contento ma eri sempre lo stesso. Io non riesco a non parlare con te di questo, mille e mille volte. Anche adesso, tu sei qui con me, non abbandoni mai i miei pensieri, continui a proteggermi, come se non fosse accaduto nulla. E' tristissimo vivere, senza di te, ogni giorno. Sei un ragazzo serio, lavorare non ti ha mai spaventato. Se ti rivedo, sei vestito come quando andavi in fabbrica, come quando tornavi stanco, nella tua camera tutto è rimasto come allora, ci sono le tue foto e le cose che ami di più.

A noi sapevi stare vicini, ci davi e ci dai ancora forza. A me e a tutti i tuoi familiari che ti hanno sempre nella memoria. Il fatto che tutto sia successo un anno fa, mi riempie ancora di più d'angoscia, il Natale che sta arrivando mi fa precipitare ancora di più nello sconforto. Nel mio cuore di mamma non c'è posto per la festa, senza di te mai più.

I tuoi gesti quotidiani non mi lasceranno mai
Immacolata Schiavone, moglie di Antonio. 36 anni

Penso davvero che la morte non interrompa un legame che è indissolubile, saldo com’è nelle nostre anime.
Il legame che ci univa non s’è spezzato e oggi è eguale a ieri.
Molto spesso ho la sensazione che la nostre vite si siano fermate in quell’attimo, quando c’è stato l’incendio. Ma la memoria, spesso, si concentra su pochi frammenti della nostra vita passata. Non è facile, rievocare tutte le sequenze di una vita in comune, quando tutto scorreva normale, senza traumi, con le solite preoccupazioni.
Non so perché, ma quando penso alle tue ultime immagini, ti ricordo quasi sempre pronto per andare nella fonderia, ecco il mio Antonio che va in fabbrica e che ritorna, secondo un ritmo che allora sembrava non dovesse finire ma che un giorno invece s’è interrotto, lasciandomi sola, prigioniera di questo lutto che non ha un perché e che non avrà mai fine.
Gli stessi gesti, ripetuti chissà quante volte; ho vissuto di questo, nei mesi che sono trascorsi uno dopo l’altro, tu per me non è come se fossi vivo. Sei vivo.

Non dimenticherò mai il tuo sorriso buono
Calogero De Masi, papà di Pino. 26 anni

Mio figlio Pino era un bravissimo ragazzo. La sua è una storia molto breve, racchiusa in un arco di tempo troppo, troppo esiguo, è la storia di un ragazzo che è andato un giorno a lavorare in fabbrica e non è più tornato. Non c’è molto altro da dire. Questi lunghi mesi sono stati un tormento per me, perché, davanti a una fine così atroce, non ci si può rassegnare mai. Mi resta il ricordo del suo sorriso, del suo modo di essere solare, il sorriso di un ragazzo semplice, alla buona. La sua memoria non mi aiuta a ritrovare la pace, a ritrovare la serenità. E' un male che mi scava dentro, ogni giorno che passa è ancora immerso nel buio.

Roberto, sei il cielo dei bimbi
Egle Scola, moglie di Roberto. 32 anni

Non ho le parole, non le trovo. Le ho tutte chiuse dentro. Eravamo sposati da quattro, più due di fidanzamento. Sei anni. Mi manca tanto, sono rimasta sola con i miei bambini che sanno tutto, il loro papà è il cielo e questo, forse, è l'unica cosa certa, la nostra forza, che è quella di andare avanti, come se lui fosse ancora accanto a noi. Sono passata due volte davanti alla fabbrica, solo due perché non ho l'auto e mi hanno accompagnata. Vado al cimitero. La nostra vita è spezzata per sempre e le feste ci rendono ancora più tristi, ancora più disperati nell’anima. Altro non posso dire. Non trovo le parole.

Lotto, ma non c'è pace
Sabrina Laurino, moglie di Angelo. 43 anni

Io sto male, e questo anniversario, se mai, sottolinea il peso che mi porto addosso, la lotta di tutti i giorni che faccio per i miei figli piccoli. Lottare è il termine giusto. Devo crescerli da sola. Insegnare loro il significato di ogni cosa. Loro sanno e non sanno, ma è certo che il loro papà non lo vedranno più. Questo hanno capito. Sono contenta che, quella notte, io che lo accompagnavo a lavorare in auto sempre da sola, ho portato con me pure i bambini. Lo supplicavamo di non andare a lavorare, invece lui decise che sì, bisognava farlo. Ci fermammo a parlare ancora qualche istante, davanti alla fonderia, e spiegai ai piccoli che lo faceva per loro. Noi lo vedemmo attraversare le porte, sono tre, sino all'ultima. Mio figlio mi aveva detto di fermare la macchina perché voleva salutare ancora una volta il suo papà. Lui si voltò, un attimo prima di sparire e fece un saluto e un sorriso.
Da allora vado spesso davanti alla fabbrica, mi fermo davanti ai cancelli e rivivo quegli istanti come in un film, lo vedo di nuovo entrare e aspetto che il turno finisca per dirgli, “dai vieni a casa”. Qualcuno pensa che sia diventata matta, ma non è così. No, la pace non c'è, non l'ho trovata mai, dopo questi mesi. Un anno è passato, un altro passerà e quanti altri ancora. Dovrò lottare sempre.

Mi hanno rubato ogni cosa
Rosetta Marzo, moglie di Rocco. 54 anni

Un anno è passato. Come sto? Io mi sento come una moglie a cui hanno rubato, rapito, il marito. A gennaio 2008 avremmo fatto trent'anni di matrimonio. Mi sono sposata a 19 anni. Adesso che ne ho quasi 50, tutto finito. Eravamo una persona sola. Rocco mi telefonava: "Rosi come va? E i ragazzi?". A casa, anche stanco, giocava ancora con i figli. Eravamo una bella famiglia, davvero. Era un capoturno, non doveva essere sulle linee, ma ha visto i suoi compagni, "i miei figli", diceva, in difficoltà. Ha fatto il suo dovere e anche oltre. Questa è l'eredità di Rocco.

Io me lo sogno ogni notte. Quando è morto, dopo dieci giorni di terribile agonia, mi è comparso: "Rosi, io ce l'ho messa tutta, ho combattuto tanto per tornare". E’ vero. Non l'ho voluto vedere, né io, né i miei figli, non l'ho potuto vestire, accarezzare. Dopo sei giorni la caposala ha avuto pietà e ha sollevato il lenzuolo, era rinchiuso in una culla termica, e gli ho baciato i piedi. E' l'ultimo contatto che ho avuto con lui. Noi lo vogliamo ricordare con il suo sorriso, con la sua decisione di affrontare la vita con uno spirito sempre ottimista. Era consapevole dell’atrocità di quella morte, me ne aveva parlato quando altre persone avevano fatto la stessa fine: "Rosi, è la sorte peggiore”. No, per me non ci sono feste, non c'è gioia. Ho fede, l'ho conservata, è importante averla. Rocco è con me, sempre, ogni istante.

Ti sento sempre con me
Rosa Santino, mamma di Bruno. 26 anni

E' passato un anno ma è come se fosse passato un solo secondo. Che posso dire di te? Che ti rivedo come se fosse allora, quando tornavi a casa stanco dopo il secondo turno, e io ti aspettavo sempre, qualsiasi ore fosse della notte. Ma tu sorridevi sempre, non mi facevi mai pesare la tua fatica, né con me ti mostravi preoccupato o pensieroso. Appena arrivavi a casa, ti toglievi i vestiti da lavoro, venivi in cucina e mi abbracciavi. Non c'è un solo giorno che tu non l'abbia fatto.
Non è vero che te ne sei andato. Per me è come se tu fossi qui, con te parlo e tu mi rispondi, ti sento con me. Noi ti amiamo e questo spiega tutto. Sei un figlio che tutte le mamme sognano di avere. La mia vita senza di te è una sequenza di giorni e di mesi di dolore, di quel dolore che solo una mamma che ha perso un figlio può capire.

giovedì 4 dicembre 2008

Parola di Venerabile

''Con la P2 avevamo l'Italia in mano. Con noi c'era l'Esercito, la Guardia di Finanza, la Polizia, tutte nettamente comandate da appartenenti alla Loggia Massonica P2, ma tutto sempre per il bene del Paese. La P2 raccoglieva tutte persone che non avevano bisogno di fare carriera, ma di essere sostenute, perché erano tutti arrivati a posti di alta responsabilità. Noi non abbiamo mai voluto attaccare, eravamo invece una sentinella, attenta a controllare che non emergesse il Partito Comunista''. Lo ha detto Licio Gelli intervistato da Klaus Davi aggiungendo che ''all'epoca, il Partito Comunista, dal 1965 sino al 1975-80, era ben strutturato militarmente, in grado di organizzare bene anche un colpo di Stato, aveva potere militare.

Non era come il Partito Comunista di oggi, che non conta più niente ed è diviso in undici bande in lotta tra loro''. ''Nel mio piano di rinascita della P2 -ha aggiunto- prevedevo la creazione di una Repubblica presidenziale, perché da più responsabilità e potere a chi guida il Paese, cosa che nella Repubblica parlamentare manca. Il Presidente attuale di una Repubblica parlamentare non è responsabile praticamente di nulla. Se accade qualcosa, non riguarda mai il Presidente, bensì il Parlamento. In Italia c'è bisogno di una Repubblica presidenziale''. Nell'intervista Gelli ha parlato anche dei suoi guai giudiziari e delle pagine più nere della nostra repubblica.

''La strage di Bologna? Fu opera di una mano straniera. Le accuse nei miei confronti sulla strage di Bologna sono solo masturbazioni mentali dei giudici appartenenti a cellule comuniste. Proprio per questo motivo si dimise Montorsi, l'avvocato di parte civile del processo. Io sono stato assolto in primo grado. Poi fui accusato in secondo grado per calunnia, ma non ho mai fatto i nomi di nessuno. In terzo grado, fui invece accusato di essere un depistatore ma come può un libero cittadino depistare?''. Commentando l'omicidio del giornalista Pecorelli Gelli ha dichiarato: ''Omicidio Pecorelli? Fu opera di mano italiana. Se i magistrati avessero analizzato e studiato con attenzione i bollettini ricevuti dal giornalista nell'ultimo anno, sarebbero venuti a capo di informazioni utili. Io non sono un investigatore, altrimenti avrei verificato le minacce che aveva ricevuto e la gravità che le stesse potevano comportare. In un certo senso dovevano eliminarlo''.

canisciolti.info

mercoledì 3 dicembre 2008

Sabato, 6 dicembre. Inaugurazione della nuova sede del Cantiere salvese per la Sinistra unita e plurale

L'editto albanese

Come a Sofia. Se in Bulgaria aveva chiesto la testa di Biagi, Santoro e Luttazzi, oggi il premier se la prende con Paolo Mieli e Giulio Anselmi. La vicenda Sky manda fuori di senno il premier che questa volta se la prende con i direttori di Corriere della Sera e Stampa. «Che vergogna... questi sono i personaggi della sinistra con cui abbiamo a che fare. Io Sky la capisco, ha avuto un privilegio, ma non capisco i giornali che invece di chiedersi come mai c'era un rapporto privilegiato nei confronti di Sky attaccano me, che vergogna! Direttori e politici dovrebbero tutti cambiare mestiere, andarsene a casa. Politici e direttori di questi giornali, come La Stampa e il Corriere dovrebbero cambiare mestiere»: così Silvio Berlusconi parlando con i cronisti. «Altro che conflitto di interesse e Berlusconi...».
l'Unità.it

Il commento pubblicato oggi su Repubblica

"Sei anni dopo l'editto bulgaro dell'aprile 2002 contro Biagi, Santoro e Luttazzi, è arrivato anche l'editto albanese contro i direttori dei giornali. Di ritorno da Tirana, il Cavaliere ci ha regalato un altro esempio del suo personalissimo modo di essere uno "statista liberale". Non bastano più la militarizzazione della politica e la colpevolizzazione dell'avversario, la delegittimazione delle istituzioni e la denigrazione del dissenso. Ora siamo all'attacco pubblico rivolto contro le singole testate giornalistiche, i loro titoli, le loro vignette. "Colpevoli" di aver informato i propri lettori su quanto accade ai danni di Sky con l'inasprimento dell'Iva, e di aver rivelato ciò che è palese a tutti e che questo giornale denuncia da anni: l'insostenibile conflitto di interessi che esplode sistematicamente tra il Berlusconi capo del governo e il Berlusconi proprietario di Mediaset.

Ma stavolta quel minaccioso "cambiate mestiere" indirizzato ai direttori (per lui un altro "cancro da estirpare", proprio come i magistrati) tradisce ormai molto di più del suo già colossale conflitto di interessi. Molto di più del vittimismo arrogante e manipolatorio, con il quale trasforma ogni volta un torto inflitto in un torto subito. Molto di più della "follia" lacaniana (e nient'affatto erasmiana) che lo pervade ogni volta che è in gioco il suo impero mediatico. Dietro quelle parole del Cavaliere c'è davvero una visione tecnicamente "totalitaria" della democrazia, che tra un editto e l'altro sta ormai precipitando in un'autocrazia. "

martedì 2 dicembre 2008

La miracolosa resurrezione dei DS

“Il passato è un uovo rotto… mentre il futuro è un uovo tutto da covare”.Mi viene alla mente la frase che un nostro caro Amico pronunciò subito dopo la sua elezione a segretario Provinciale qualche anno fà. Come dire… visto come stanno andando le cose ci sarà da vederne “delle belle..!” Chi avrebbe mai creduto che il partito in cui molti di Noi hanno militato per anni e che credevamo morto e sepolto sarebbe poi invece resuscitato? No cari amici, non sto assolutamente scherzando. I Democratici di Sinistra sono vivi e vegeti! Almeno così sembra, visto che il segretario è sempre Piero Fassino e che lo stesso si è recato a Madrid per firmare l’atto di adesione al Manifesto programmatico redatto dal Pse in vista delle elezioni Europee del 2009. Chi non ci crede clicchi questo link e avrà la conferma di quanto sto dicendo. Grottesco, ridicolo e forse anche “un pò disonesto”. Direi senza ombra di dubbio che siamo di fronte ad un mix delle tre opzioni. Il povero “Uolter”, sempre più in balia di se stesso e dei suoi dubbi amletici, ha infatti pensato bene di provare a tenere i piedi in due staffe ricorrendo a questo bellissimo e furbissimo stratagemma. Pressato un po' da tutte le parti affinché il PD faccia di tutto per inventarsi un nuovo percorso ma nello stesso tempo opportunisticamente attento a non far staccare la spina della macchina che tiene ancora artificialmente in vita qualche flebile segnale di sinistra, l’audace condottiero che si vanta di aver “scoperto” Obama prima di molti altri, ha pensato bene di non far aderire il PD al Pse dando però il nulla osta al mitico Piero da Torino affinché, in qualità di segretario di un partito che a noi risultava morto e sepolto apponesse invece la firma fatidica! Satireggiare può anche essere divertente, almeno fino a quando non ci si pone delle riflessioni più serie e ponderate… Vi confesso che io credevo di essere “affondato” con quello che era stato il mio partito per molto tempo, ma altrettanto che non mi va proprio per niente l’idea che questo losco figuro che risponde al nome di Walter Veltroni, prima di lasciare definitivamente la poltrona sulla quale per il momento continua a poggiare il suo dorato posteriore, si permetta di ricorrere all’imbroglio, ai “mezzucci”, agli “inciuci”, che oltretutto mi chiedo fino a che punto possano essere legali, per non perdere definitivamente il “contatto fisico” con la Sinistra Europea rappresentata dal Pse! Nell’ultimo congresso di Pesaro i Ds furono seppelliti con tanto di addii e lacrime da parte di tutti in nome di un nuovo partito. Come si può arrivare a perdere la faccia in questo modo? Come può un partito inequivocabilmente di centro tirar fuori dal cilindro magico il vestito delle occasioni per ballare ancora, e forse per una sola volta, con la dama di cui non è degno né desiderato? Se a qualcuno queste parole potessero far sorgere dubbi di sorta vorrei ricordare che siamo di fronte ad un’operazione illegittima, truffaldina e scorretta. Non si può fare i doppiopettisti come e quando ci pare, oltretutto avendo alle spalle le note e gravi colpe che hanno contribuito in larga parte a mettere in sordina l’intera Sinistra Italiana che si trova oggi fuori dal Parlamento. Ma se un dio c’è, vedrà e provvederà. Non credo che i Cittadini Italiani si faranno ancora imbrogliare da maghi da quattro soldi…
tratto da
sdlivorno.wordpress.com

lunedì 1 dicembre 2008

Tremonti e la Social card

Per superare le eventuali remore “sociali” (sei povero ma non devi sentirti povero?) la social card sarà anonima ma dovrà essere firmata. “Potrà essere utilizzata da Chiunque,” compresi parenti e figli delle nostre povere nonnine. Chiunque, Compresa la criminalità organizzata, aggiungo io. Troppo difficile mettere questi soldi direttamente sulle pensioni o sui salari minimi? Troppo difficile incaricare i servizi civili, i distretti sanitari e le varie onlus di individuare ed aiutare sul territorio persone che realmente non riescono a mettere il piatto a tavola? E perché no… Troppo difficile fare queste benedette social card con i nomi dei beneficiari?

Il governo ha voluto chiarire che questo strumento non va inteso come un “marchio di povertà”, ed appunto per superare le eventuali remore sociali sarà anonima.

Caro Ministro Tremonti vorrei chiarirle un paio di cose:

  1. Se sarà anonima, inutile firmarla. Sarà anonima lo stesso, e questo lo sa bene.
  2. Le potrà sembrare strano ma la social card è un marchio di povertà. Lei sta regalando 40 euro al mese a persone che in teoria non dovrebbero riuscire ad arrivare alla terza settimana. E’ più facile immaginare queste persone che scorrazzano tra i vari supermercati e i mercatini rionali in cerca di risparmio, piuttosto che scorrazzare tra Luis Vuitton e Cartier sugli Champs Elysees.
  3. Lei vive in Italia, amministrata da Montecitorio, ma co amministrata dalla Mafia S.p.A. Essendo anonime, chi ci garantisce che le social card non passino prima tra le mani dei co amministratori piuttosto che tra quelle delle povere vecchiette?
  4. Gli esercizi commerciali dove si potrà spendere con la social card stipuleranno delle convenzioni con i ministeri ed assicureranno degli sconti per chi acquisterà con la card. Se questi esercizi commerciali verranno controllati così come ai tempi dell’entrata in vigore dell’euro allora siamo al sicuro.
    Una moneta da un euro è sempre stata considerata pari ad una banconta da Mille Lire, questo lo sa bene. Così come sa bene che i prezzi sono sempre aumentati arbitrariamente, senza nessun controllo. Mi permetta quindi di dubitare dei controlli sulle agevolazioni dei beneficiari della social card.
  5. Questi 40 euro saranno 40 euro per i cittadini di Desenzano sul Garda, in provincia di Brescia, e saranno 40 euro per i cittadini di Taormina. Sa che il pane a Desenzano costa tre volte quanto a Taormina?
    Non crede che al Nord le social card, in teoria destinate all’acquisto di beni di prima necessità e quindi anche al pane, avrebbero dovuto essere “più generose”?
    E se glielo propone un cittadino del Sud, Terrone ma soprattutto non razzista, può starne certo.

Caro Ministro Tremonti le consiglio di non preoccuparsi più di tanto di eventuali remore sociali e di eventuali marchi di povertà.
Purtroppo nel nostro Paese c’è chi piange e fotte, ma c’è anche soprattutto chi piange e basta.
Piange e non sa cosa cosa darebbe pur di ricevere un aiuto. Piange e sarebbe disposto a tutto, anche alle contraddizioni. Anche a vedere il proprio nome stampato o inciso su questo tesserino accanto allo stemmino della Master Card.

La social card potrà essere utilizzata per effettuare acquisti in tutti i negozi alimentari abilitati al circuito Mastercard. Già la Master Card. Chissà quante operazioni bancarie in più per Master Card. Quante operazioni in più per i suoi nemici banchieri.

Caro Ministro Tremonti, ci sono cose, come la capacità di programmare e attuare manovre concrete di solidarietà sociale, che non si possono comprare.
Per tutto il resto non c’è la Social card. C’è sempre Master Card.

Ed anche questo lo sa bene.

mentecritica.net